Sulla burocrazia italiana voglio essere ottimista e pensare che sia una sorta di esame che il Paese fa sostenere ai suoi cittadini per abituarli alla vita. Se si riescono a superare indenni alcune prove, allora si è pronti a sopportare qualsiasi cataclisma.
Una di queste prove è il rilascio del passaporto.
Ho fatto il mio primo passaporto nel 2013. All’epoca un gran colpo di fortuna (e un po’ di bravura, dai) mi ha permesso di presentare un lavoro alla principale conferenza internazionale sul web semantico, la cui edizione del 2013 si svolgeva a Sydney. Per andare in Australia, ci vuole il passaporto. Per fare il passaporto, non ci vuole un fiore (come cantava Sergio Endrigo), ma un mix di euro e pazienza, e all’epoca non ricordo di aver subito traumi come, invece, è successo in questi giorni.
Il brutto del passaporto è che dopo 10 anni scade, e non ci vuole un laureato in matematica per fare 2013 più 10. Poiché mi capita di viaggiare all’estero, spesso con poco preavviso, mi porto avanti con le pratiche.
L’appuntamento
Il primo scoglio è la prenotazione online. Uno pensa: va be’, è online, dovrebbe essere una figata. E invece no, semplicemente perché la gran parte degli uffici non ha disponibilità.
Questa la situazione a Trento.
Perché succede questo? Tutti gli italiani hanno improvvisamente deciso di fuggire all’estero? Un estero lontano, tra l’altro, perché la maggior parte dell’Europa è percorribile con la sola carta d’identità.
Nulla di tutto ciò: la causa di questo intasamento degli uffici è la pandemia appena conclusa (forse). Non lo dico io, eh, lo dicono un po’ tutti. Per quasi tre anni nessuno ha rinnovato il suo passaporto perché ‘tanto non si poteva andare da nessuna parte. Ora, invece, lo vogliono rinnovare tutti. E tutti insieme.
Un Paese civile farebbe ragionamenti del tipo: potenziamo il servizio estendendo l’orario; aumentiamo il numero di persone che se ne occupino; velocizziamo le procedure per fare sì che possano essere prodotti più passaporti nello stesso intervallo di tempo.
E invece no. Tutto resta come prima, a partire dalle procedure medievali previste per l’utente.
Per parafrasare l’utente di un forum che si occupa della questione, si chiama “passaporto elettronico”, ma l’unica cosa elettronica è la prenotazione (impossibile, tra l’altro), perché tutto il resto resta cartaceo. Piacerà molto a tutti quelli che “è meglio togliere lo SPID perché alcuni fanno fatica a usarlo”. C’è gente che fa fatica a prendere la patente, forse sarebbe una buona idea togliere le auto.
Cercando un po’ in giro, scopro l’esistenza di un escamotage per aumentare le probabilità di successo: cambiare luogo di domicilio. L’appuntamento si può infatti prenotare nel luogo dove si ha la residenza oppure in quello dove si dichiara il domicilio. Ho usato “dichiara” perché anche nel nostro Paese ultra burocratizzato esiste una questione per cui è sufficiente una dichiarazione: il domicilio. Sul sito delle prenotazioni provvedo a dichiarare il domicilio a Roma (cosa nemmeno troppo diversa dalla realtà) e – miracolo! – mi compare un secondo tastino di prenotazione per scegliere una sede romana.
Qui la situazione pare un po’ migliore. Ci sono tanti no, ma si trova anche qualche sì (anzi, “si”, senza accento).
Attenzione, però, perché i sì non sono tutti uguali. Quelli che riguardano la città di Roma si comportano in modo simile ai parenti trentini, con l’unica differenza che ci sono a spot degli slot liberi (in media tra aprile e maggio, e al momento della scrittura di questo articolo siamo a gennaio). Poiché io vivo a Roma solo per qualche giorno al mese, non riesco a prevedere con così largo anticipo le mie trasferte. Ammetto però che per un residente stanziale la questione si fa quantomeno gestibile.
La cosa invece anomala riguarda le sedi distaccate, come per esempio quella di Civitavecchia. Cliccandoci sopra, si scopre il paese dei balocchi, con tutti gli slot liberi, anche a brevissima distanza! Nel momento in cui sto scrivendo è il 24 gennaio, e la settimana successiva sembra un miraggio.
Uno potrebbe pensare: Civitavecchia è scomoda per un romano, quindi non la sceglie nessuno. E invece no, c’è il trucco: nell’ufficio di Civitavecchia non si può prenotare se non si è residente nei dintorni. In pratica ci sono decine di posti liberi (quando in altre parti d’Italia non ci sono o bisogna aspettare mesi) che non vengono usati perché riguardano solo quelli che abitano lì.
Caro residente di Roma: se tu devi aspettare i mesi è anche colpa di chi ha deciso che non potevi andare a Civitavecchia. Caro residente di Trento: tu ti attacchi comunque perché per te non c’è soluzione: anche le sedi distaccate sono tutte indisponibili.
E invece la soluzione c’è. Capita infatti che saltuariamente qualcuno disdica l’appuntamento, nel qual caso questo ritorna disponibile e il relativo “No” diventi “Sì”, anzi “Si” (senza l’accento). Bisogna fare presto, però, perché dopo pochi minuti tutto torna come prima, a dimostrazione ulteriore del gran numero di utenti che hanno bisogno dell’agognato documento.
Ok, ma la soluzione è quindi quella di passare le proprie giornate sul sito del Ministero?
Ovviamente no. Esiste almeno un trucco efficace per risolvere il problema. Si chiama Auto Refresh, è un plugin di Google Chrome (ma immagino esista anche per Firefox) e permette di tenere monitorata una determinata pagina, finché qualcosa non viene modificato: per esempio – ma solo per esempio, eh – un “No” che diventa un “Si”.
A questo punto basta entrare nella pagina delle prenotazioni della propria città, cliccando su uno dei tastini in basso una volta entrati nel sito. Nel mio caso ce ne sono due: Trento e Roma. Fate attenzione a non usare la ricerca con la lente (e il menu a discesa) perché altrimenti l’auto refresh non funziona.
Una volta entrati nella pagina, cliccate sul tastino del plugin (in alto, a fianco dell’indirizzo) e configuratelo. Suggerisco di mettere l’aggiornamento ogni 10 secondi e il monitoraggio dell’intera pagina. In soldoni, questo significa che il plugin aggiornerà quella pagina ogni 10 secondi e appena trova qualcosa di diverso emetterà un suono, e voi potete procedere alla prenotazione.
Qualcuno penserà: ma c’è bisogno di mettere 10 secondi, un intervallo così breve? Risposta: a Trento probabilmente sì. Mettendo 30 secondi, per ben due volte non sono riuscito ad arrivare in tempo e quindi ho trovato di nuovo tutto pieno anche agendo immediatamente dopo la notifica. Con 10 secondi invece sono riuscito. Pare che il sito delle prenotazioni non abbia strani controlli a riguardo, quindi consiglio 10 secondi.
Il pagamento delle imposte
Spoiler: se siete riusciti a prendere l’appuntamento, il grosso è fatto.
Il resto degli adempimenti consistono in una fotocopia del documento d’identità (facile), due foto tessere (facile anche questo, ma meno) e due pagamenti.
E qui la domanda (l’ennesima) sorge spontanea: perché devo fare due pagamenti? Non c’è una ragione razionale o sensata, è così e basta. E, per semplificare le cose, i due pagamenti vanno fatti necessariamente in due luoghi diversi. Vorrei un mondo ideale in cui vado in Questura, mi viene detto “sono tot euro”, porgo la mia carta e pago. Invece no, anche in questo caso lo Stato vuole formare cittadini sempre più attenti ai dettagli.
- Prima tranche: 42 euro e 50 centesimi, da pagare rigorosamente presso un ufficio postale. Nonostante all’apparenza sembri un bollettino postale comune, in realtà si tratta di un bollettino speciale a tiratura limitata (con bordo rosso), che non prevede in alcun modo la possibilità di essere saldato online. La coda in posta è obbligatoria. È probabile che l’obiettivo del legislatore sia quello di smuovere gente pigra a fare due passi. Nota di colore: alla cifra di cui sopra bisogna aggiungere 2 euro di commissione, in pratica una tassa sulla tassa.
- Seconda tranche: contrassegno amministrativo da 73 euro e 50 centesimi. Anche in questo caso, non è prevista alcuna modalità di pagamento online, ma bisogna procurarsi l’agognata etichetta (un’etichetta! nel 2023!) presso un tabaccaio. Sempre nell’ottica di agevolare il movimento fisico, tale importo deve essere pagato rigorosamente in contanti, quindi la passeggiata include necessariamente un pit stop al bancomat (e ce ne sono sempre meno).
Costo totale: 118 euro. Posso umilmente chiedere di prevedere una soluzione alternativa a 120 euro (crepi l’avarizia), che però si possa pagare tutta insieme direttamente in Questura? O magari con PagoPA, che serve proprio per questo (il cui slogan dice “Paga come vuoi, quando vuoi!”, ma effettivamente non specifica “cosa vuoi”).
In Questura
La parte più semplice (e incredibile, viste le premesse) è stata la modalità di svolgimento dell’appuntamento in questura. Puntualissimi, veloci, efficienti: in meno di 20 minuti avevo fatto tutto, impronte digitali comprese.
Forse noi italiani siamo un po’ allergici all’innovazione, e ci piace fare le cose all’antica.