Oggi ho guardato la Cerimonia inaugurale delle Olimpiadi di Pechino. Solitamente in occasioni come queste il mondo si ferma, anche di fronte agli odi più radicati o alle guerre più crudeli.
Questa volta non è stato così. Così come a Pechino si inizia a giocare, in Ossezia si inizia a morire.
Ormai nemmeno ci facciamo più caso. D’altronde, come dice De André, il dolore degli altri è dolore a metà. Questa concezione non deve però essere la scusa per un lassismo dell’informazione che ci dia una percezione sbagliata di quello che accade nel mondo. Quando è iniziata la guerra in Iraq tutte le televisioni non parlavano di altro. Erano però coinvolti gli amici americani, no? Il fatto che tutto fosse partito da loro era irrilevante. La guerra si combatteva contro il terrorismo, e chi se ne frega se i modi non erano proprio politically correct. Il fine giustifia i mezzi.
Oggi è iniziata una guerra in Ossezia (Georgia) e in meno di 24 ore sono morte più di mille persone. I principali quotidiani nazionali italiani hanno relegato la notizia al terzo o quarto posto (solo Repubblica si può “vantare” di un secondo posto). L’edizione per non udenti del Tg2, il telegiornale più scandaloso che mi è capitato sott’occhio, non ha nemmeno citato l’episodio. Ma qui è diverso, sono morti i cattivi russi (o ex russi, per i più pignoli). Bastardi comunisti.
La notizia del giorno erano le Olimpiadi, e che nessuno si metta in mezzo. Come si potevano altrimenti vendere meglio tutti i servizi e gli speciali già pronti da settimane? Cosa saranno mai mille morti per uno spettacolo preparato da 10 mesi da migliaia di acrobati con gli occhi a mandorla? E pensare che sono comunisti pure loro.
Quando muoiono, però, fanno meno notizia.
..la Georgia ritira le truppe. la Russia sta pronta. guerra in stop.