Mercoledì sera si è tenuto, in Aula del Quattrocento, un incontro sulla legge 180/78, normativa unicum a livello europeo che per una volta ci pone al di sopra degli altri Paesi anziché al di sotto come ci hanno abituati i nostri governanti. Dopo i racconti di Adriano Pallotta (ex infermiere dell’Istituto di Santa Maria della Pietà) e Alberto Paolini (per 42 anni paziente dello stesso manicomio), Simone Cristicchi (vincitore del Festival della Canzone Italiana proprio con una canzone sul tema) ha concluso la serata in musica per allietare i presenti e ricordare che, se la legge 180/78 è stata un’innovazione, la 133/08 di cui si discute in questi giorni ci riporta indietro nel tempo e ci sveglia dal sogno che in Italia si fanno normative in base alle necessità di tutti. L’epiteto “Gelmini, vaffanculo!”, con cui il cantante ha personalizzato il brano “Laureata precaria”, di certo riassume al meglio il malcontento generale sulla situazione dell’istruzione in Italia.
Riporto ora il post di Alice Gioia, pubblicato sul blog di Inchiostro, sempre attinente all’evento sopra descritto.
Ci sono giornali che pretendono di essere chiamati tali solo perché sono stampati su un foglio di carta simile a quello che usano i giornali “seri”. Spesso questi giornali sono anche convinti di fare informazione, perché dicono di occuparsi di cronaca locale.
Certo, se per cronaca locale ci si limita al resoconto strappalacrime dell’anziano rapinato, alle lettere dei politici influenti, o ancora alle proteste di indignati cittadini per lo spostamento di un cassonetto della spazzatura. Queste sono le cose che tirano, che fanno vendere.
Le iniziative belle, invece, non fanno audience. Ecco forse perché la Provincia Pavese si è “dimenticata” di parlare della conferenza tenutasi mercoledì sera in un’Aula del 400 gremita di persone. Si è dimenticata di raccontare le storie di tre ospiti speciali (Adriano Pallotta, ex infermiere del manicomio di Santa Maria della Pietà; Alberto Paolini, ex paziente dello stesso manicomio; Simone Cristicchi, cantautore), che sono venuti a raccontare a un pubblico attento ed emozionato il dramma delle istituzioni manicomiali, di cui ci siamo liberati grazie alla Legge 180/78, la Legge Basaglia. Che hanno condiviso le loro esperienze terribili e bellissime, rievocando ricordi dolorosi ma anche episodi significativi, tasselli fondamentali nella storia umana, sociale e politica del nostro paese. Perché la Legge Basaglia è stato solo l’inizio di un lungo percorso portato avanti dal coraggio degli infermieri e dai pazienti dei manicomi, che hanno lavorato insieme per rendere possibile l’apertura dei cancelli che chiudevano fuori il mondo. Spesso sostenuti e coadiuvati dai movimenti studenteschi, che hanno occupato i padiglioni e hanno promosso iniziative e manifestazioni a sostegno di una delle leggi più importanti della storia dell’umanità, apprezzata e studiata dalla comunità psichiatrica internazionale.
La Provincia si è dimenticata di parlare del libro di Adriano, “Scene da un manicomio”, delle poesie e dei racconti di Alberto, del documentario di Simone, “Dall’altra parte del cancello”. Tutte testimonianze preziose e uniche, che dovrebbero essere diffuse il più possibile, per metterci in guardia dai tentativi di riforma di questa legge, portati avanti da gente che non ha nemmeno idea delle atrocità commesse nei manicomi, allora come oggi, nelle blindatissime strutture private che proliferano in tutt’Italia.
Perché, se la Provincia Pavese se ne dimentica, ce ne dobbiamo ricordare noi.
Zio Rufus è tornato.
ma manca la tua posizione riguardo le riforme..
manca quel qualcosa di te..
.che non esprimi.
…..posso solo dire che stanotte ho sognato di essere rinchiusa di nuovo, in una situazione terribile
di malati che si accalcavano di stanza in stanza. Dove imploravo se c’era stato qualcuno che mi era venuto a trovare.
Le cicatrici rimangono e l’abbandono si fa sentire più forte quando il mondo è in festa.
Mi sembra che un’iniziativa come questa, come tutte le altre che questo cantautore ci ha regalato, possa se non altro, alleviare il senso di solitudine e ridarci quella dignità di persona, che questa malattia a differenza di altre ci toglie.
La vera riforma che va fatta, per quanto mi riguarda, è l’arte di saper ascoltare oltre la ragione, oltre i confini del sogno, della fantasia e del delirio; perchè la mente è tutto questo.
Non bastano la chimica e l’elettricità per ridarci emozioni, per farci desiderare di vivere, ma poter vivere fino in fondo la vita come una persona che ha un “viaggio” da raccontare senza la paura della diversità che ci paralizza o ci fa vivere in un perenne stato di ansia e di paura.
Essere amati ed amarsi oltre la fragilità umana che ci ha reso più vulnerabili alle tempeste dell’esistenza.