In un paese ci sono due bar, Google e Bing, uno di fronte all’altro.
Il primo c’è da più tempo, i clienti si trovano bene e c’è sempre coda. Il secondo ha aperto da meno tempo, ma comunque da un periodo sufficientemente lungo da aspettarsi clientela. Tuttavia gli affari non vanno bene.
Il signor Bing, allora, decide di sbirciare dalla vetrina del concorrente. Scopre che ogni volta che un cliente ordina il caffè, Google regala un cioccolatino.
“Orpo, che figata”, pensa il signor Bing. E così si mette a regalare cioccolatini a chiunque prenda il caffè.
Gli affari vanno meglio, ma comunque restano inferiori alle aspettative. Le persone che chiedono il caffè sono più contente, ma i cornetti continuano a giacere abbandonati nella vetrinetta.
Ecco che il signor Bing torna a sbirciare la vetrina di Google, scoprendo che ogni volta che un cliente ordina un cornetto, quest’ultimo viene cosparso di zucchero a velo.
“Orpo, che figata”, pensa il signor Bing. E, seguendo le orme del concorrente, inizia a mettere lo zucchero a velo sui cornetti.
Quella che potrebbe sembrare una storiella di fantasia, è in realtà una trasposizione più o meno affine di quanto accaduto tra i giganti Google e Microsoft. Poiché il browser Bing continua ad arrancare nei confronti del concorrente, Microsoft ha deciso di utilizzare un’arma tecnicamente perfetta, ma moralmente discutibile: quando un utente apre Internet Explorer, cerca su Google una parola e clicca su un link, l’informazione completa di questo tragitto viene inviata a Microsoft che, tramite un algoritmo nemmeno troppo complesso, collega la parola cercata al clic dell’utente. Dopo pochi giorni, cercando su Bing la stessa parola, si ottengono gli stessi risultati.
Il trucco, spiegato nei minimi particolari sul blog di Google, è stato scoperto proprio dal gigante della ricerca, insospettito della strana somiglianza tra le sue ricerche e quelle di Bing su parole anche molto strane (alcune addirittura sbagliate). Ha così intallato una ventina di postazioni con Windows, dove i dipendenti cercavano ogni giorno su Google (usando Internet Explorer, ovviamente) una determinata parola di fantasia, che dava un risultato particolare appositamente creato per ingannare Bing. E l’inganno è riuscito: dopo pochi giorni, anche Bing trovava le medesime pagine con le medesime ricerche.
Ora, che questa strategia di business sia lecita o meno non è compito mio stabilirlo, ma di sicuro la scoperta non fa fare una bella figura a un gigante come Microsoft che ha investito centinaia di milioni di dollari per mettere in piedi Bing.