Come ogni anno, i sondaggi fanno cilecca.
Forse siamo noi che sbagliamo, credendo che i sondaggi diano un’idea su come effettivamente andrà a finire la faccenda. Eppure i grandi istituti da qualche parte prenderanno idee da qualche parte, no?
Certo che sì! Ma allora siamo davvero noi che sbagliamo. Vediamo perché.
- Gli istituti telefonano a “un po’ di persone”, diciamo 2000, di solito disaggregate per età, sesso, professione, zona geografica. Questo dovrebbe dare un risultato abbastanza efficiente.
- Una volta fatta la domanda topica “Lei per chi voterà?”, viene stilata una statistica che prevede una forbice (Tizio sta tra il 20 e il 30 per cento) e un intervallo di confidenza, ovvero quell’errore naturale che si viene a creare per il fatto intrinseco che 2000 persone, per quanto scelte bene, non rappresentano la totalità della popolazione.
- A questi risultati vanno poi aggiunti gli indecisi, che nelle ultime elezioni erano stimati, in tutti i sondaggi, al 30%. Poiché la percentuale di non votanti si è aggirata intorno al 20%, manca circa un decimo della popolazione, inizialmente dichiaratasi indecisa, che è andata a votare scegliendo uno dei candidati. E infatti i sondaggi post eventum sostengono che il 9,8% dei votanti ha scelto nella cabina del seggio la propria preferenza.
Quale è la soluzione, dunque? Abolire il suffragio universale…