Terzo giorno. Si fanno sempre più sentire le particolarità norvegesi: i costi eccessivi, il freddo polare, le ragazze… gnocche (inutile usare giri di parole).
Alzati alle 9 circa, finalmente ci degniamo di fare una colazione decente: Mattia rimane fedele ai gusti italiani, mentre i miei occhi si illuminano quando la ragazza dell’ostello mi propone la colazione all’inglese. Ovviamente sì; e arrivano così uova, wurstel e pancetta.
Alle 10 partenza per Bergen, seconda città norvegese per dimensione. La strada da seguire è quella del percorso europeo E39, che comprende ponti, gallerie e tratti di traghetto. Sulla questioni ponti/gallerie, poi, siamo rimasti notevolmente stupiti nello scoprire che per non rovinare il paesaggio i norvegesi hanno preferito costruire lunghissime gallerie sotto i fiordi, piuttosto che antiestetici ponti. Ci troviamo quindi davanti a ben due tunnel prima in ripida discesa, poi in piano e successivamente in salita. Nel punto più fondo non manca la fotografia al cartello: 260 metri sotto il livello del mare.
È il turno dei traghetti, utilizzati per i tragitti più lunghi dove sarebbe stato impensabile costruire ponti o gallerie. L’organizzazione, manco a dirlo, è ottima. Le corse sono frequentissime, una ogni mezz’ora, e in circa 6 minuti con puntualità vengono sbarcate tutte le automobili del viaggio in arrivo e caricate quelle del viaggio in partenza. Il battello non ha nulla da invidiare a quelli dei viaggi di linea, disponendo di bar, ristorante, servizi e collegamento internet.
Globalmente, in quattro ore abbiamo percorso 200 chilometri tra ponti, gallerie e viaggi in traghetto.
Vedendo questa organizzazione, che per i norvegesi rappresenta la normalità, ci si chiede per quale motivo in Italia ci vogliano trent’anni per decidere come diavolo unire Sicilia e Calabria, distanti solamente tre chilometri.
All’arrivo, si capisce subito che Bergen rappresenta una metropoli del nord Europa: troviamo negozi di lusso, locali, ristoranti, monumenti e gli immancabili fast food (compreso Deli de Luca). I prezzi rimangono sempre proibitivi, e decidiamo di mangiare in un banale McDonald’s.
Finito il tour e riscoperti i soliti tre “must” (ricordiamo: freddo, prezzi e donne), continuiamo il giro e ci portiamo nuovamente avanti sulla tabella di marcia. L’idea è quella di fare tappa a Voss per la notte, centro abitato di circa 12 mila abitanti. Tuttavia, molti alberghi sono chiusi e i pochi disponibili sono pieni, oppure hanno prezzi più proibitivi del solito, con cifre che superano i 100 euro per notte a testa.
Optiamo per allungare ulteriormente fino ad Aurland, paesino di 1800 anime situato proprio all’imbocco del famoso tunnel automobilistico di 24 chilometri, il più lungo del mondo. Per fortuna nell’unico albergo presente troviamo posto (990 corone, 120 euro), così puntiamo il Tomtom verso il paesino.
Giunti a trenta chilometri circa dal centro abitato, troviamo però il cartello di ingresso nell’area comunale, al che ci poniamo il problema di dove fosse l’albergo. Telefoniamo nuovamente, per sentirci dire: “prima del tunnel lungo, girate verso il paese”. Ora, che ci sia il tunnel di 24 chilometri lo sappiamo, ma quando ci troviamo davanti a una galleria di 11 chilometri, il dubbio su quale intendesse per “tunnel lungo” comunque viene. Scopriremo successivamente che 11 chilometri per un tunnel in Norvegia sono la normalità.
Una volta trovato, l’albergo si rivela estremamente confortevole e ci regala una vista impagabile sul fiordo. Mattia nel frattempo decide che la vacanza rappresenta il suo cambio di stagione, e si becca l’influenza. Per fortuna ho portato la Tachipirina.