La Chiesa Cattolica brasiliana ha scomunicato due medici per aver fatto abortire una bambina di 9 anni vittima di stupri da parte del patrigno. La Chiesa di Roma ha commentato che “l’aborto è un peccato, sempre”. Ora capisco perché i preti di solito prediligono i maschietti: creano meno problemi se qualcosa va storto.
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Adieu…
Oggi se n’è andato un altro pezzo di storia del mio Liceo. Dopo la dipartita del Prof. Boeri, questa volta la sfortuna ha chiamato a sé Germano Berlengiero. Quando si dice che sono sempre i migliori che se ne vanno, si intende proprio questo…
Ogni volta che visito Roma – e ultimamente ci sono stato svariate volte – faccio sempre un salto al Pantheon, uno dei capolavori dell’arte mondiale, che lui amava e sapeva raccontare come nessun altro.
Essere un suo alunno è stato un onore. Mi mancherà.
Il Pungolo
L’avvocato Mills è stato condannato: secondo l’accusa, avrebbe ricevuto una tangente di 600 mila euro per mentire a favore di Silvio Berlusconi, attuale Presidente del Consiglio. In condizioni normali, il Presidente del Consiglio si sarebbe dimesso. Ma noi siamo in controtendenza, per cui si è dimesso il leader dell’opposizione.
Finale col botto
Che Veltroni fosse un politico mediocre si sapeva. Ci si poteva arrivare da quando il partito è nato: nessu avversario degno alle primarie; ci addormentava con i suoi “ma anche”; non voleva dire il nome di Berlusconi in campagna elettorale. Probabilmente gli faceva paura.
Ora il buon Walter ha deciso di lasciarci. Tuttavia, per fare sì che anche quest’ultima azione potesse avere lo scopo di aiutare il suo amico Presidente del Consiglio, il Segretario del PD ha rassegnato le sue dimissioni nello stesso giorno in cui l’avvocato Mills è stato condannato per aver accettato 600 mila euro di tangenti proprio dal suo amico fraterno. Che così non si è nemmeno dovuto sbattere troppo per fare sì che sui giornali passasse in secondo piano. Altro che Eluana: in confronto alla mossa di Veltroni, sfruttare un coma vegetativo è da dilettanti.
Sul forum di Repubblica i messaggi inviati dai lettori erano chiari: via di mezzo il vecchiume, vogliamo i giovani. Per ora, come risposta, spuntano i nomi di Parisi (68 anni) e Franceschini (50 anni). Non dobbiamo farci però ingannare dall’apparente giovinezza di quest’ultimo, perché la sua tenera età viene ampiamente compensata dalla sua storia: Franceschini è un ex Democristiano iscritto ai Cristiani Sociali.
Brrrr!
Come la Cina…
Quando ho conosciuto per la prima volta di persona una ragazza cinese, uno dei primi argomenti affrontati è stata la censura: è davvero possibile che a più di un miliardo di persone venga nascosto un sistema di offuscamento delle informazioni della portata di quello cinese? La risposta è: sì.
Ebbene, quello che il nostro Parlamento sta approvando è esattamente un procedimento analogo, e il fatto che nessuno sia ancora sceso in piazza per protestare conferma la mia ipotesi: un governo può tranquillamente tenere all’oscuro la popolazione le informazioni “scomode”.
Ora, se un paragone con la Cina può essere forse eccessivo, ricordo che l’emendamento D’Alia appena passato in Parlamento vuole impedire che un sito web infranga la legge, in qualsiasi modo. La norma prevede anche che i provider chiudano immediatamente l’accesso alle pagine incriminate. Quindi se nel mio blog dico: “questa legge mi fa schifo, non rispettiamola”, ho buone probabilità che i provider italiani mi oscurino, perché incitare a non rispettare la legge è reato.
Riporto, sempre per analogia con la Cina, un passo di un articolo di Bloomberg, una delle maggiori agenzie stampa americane.
Italian Prime Minister Silvio Berlusconi, whose allies in the Senate helped pass the measure, owns Mediaset SpA, the country’s largest private broadcaster. Mediaset in July said it sued YouTube and Google for illegally distributing the television company’s content, seeking “at least” 500 million euros in damages.
Berlusconi has campaigned every weekend for the last month for his candidate, Ugo Cappellacci, against rival Renato Soru in the elections for governor of the island of Sardinia, which are scheduled to be held on Feb. 15 and 16. Soru is the founder and owner of 17.7 percent — through a blind trust — of Internet- service provider Tiscali.
Traduzione
Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, la cui maggioranza in Senato ha permesso alla legge di passare, possiede Mediaset SpA, la più grossa azienda di telecomuniazioni del paese. Mediaset in luglio ha detto di aver fatto causa a Google e YouTube per aver distribuito illegalmente contenuti video della compagnia, chiedendo almeno 500 milioni di euro di danni.
Berlusconi ha sostenuto, durante i weekend dell’ultimo mese, la campagna elettorale del suo candidato, Ugo Cappellacci, contro il rivale Renato Soru nelle elezioni del governatore della Regione Sardegna che si terranno il 15 e il 16 febbraio. Soru ha fondato e possiede il 17.7% (tramite “blind trust”) dell’internet service provider Tiscali.
Finché un articolo del genere ci darà informazioni che già possediamo, il problema non sussisterà. Il fatto però che noi rimaniamo indifferenti di fronte a questi due paragrafi non è una buona notizia. Svegliamoci!
About Eluana
Specchietto per le allodole
In questi giorni si parla continuamente del caso Eluana. Non c’è giornale, televisione o vecchietto-al-bar che non ne discuta. Se si esclude il calcio, ovviamente. Ora: è davvero così importante fare un “caso” di una questione che tocca una sola persona su 60 milioni di italiani (o, comunque, poche di più)? Non è che dietro tutta questa eco mediatica si cela qualcosa che “se passa in sordina è meglio”?
Ebbene, la mia opinione a riguardo è: sì! In questi giorni i media “governativi” ci sta stordendo con casi di importanza politica pressoché nulla per svariati motivi.
- Il Governo sta portando avanti la riforma della giustizia, ma sembra che nessuno se ne sia accorto. Solamente Antonio Di Pietro continua la sua lotta, beccandosi pure una denuncia inesistente per aver insultato il Capo dello Stato.
- Il Parlamento ha approvato una legge che definire razzista sarebbe un complimento: la norma prevede che i medici diventino dei “poliziotti” e denuncino un immigrato clandestino che si presenti al Pronto Soccorso. In pratica il prete ha il segreto confessionale, il medico no. In questo modo, oltre a inasprire ulteriormente i rapporti tra “autoctoni” e clandestini, si rischia maggiormente il dilagare di epidemie a causa degli immigrati malati che preferiscono tenersi la malattia piuttosto che tornare nel loro paese. Consiglio vivamente questi ultimi di andare a confessare al proprio prete di fiducia di essere malati: il segreto confessionale – quello esiste ancora – impedirà una sonora denuncia e, se la malattia del poveraccio di turno è sufficientemente contagiante, magari un po’ di cagarella al curato non fa nemmeno così male.
- Ieri è stata proposto, all’interno del pacchetto sicurezza, un emendamento che imponga ai provider di chiudere i blog che commettano qualsiasi reato, ivi compresa l’istigazione a non rispettare una determinata legge. Quindi, se un sito esorta ai medici di fare obiezione e di non seguire le direttive della legge espressa al punto due, il provider di servizi deve chiudere l’accesso a quel sito. Mmh… “chiudere l’accesso”… suona molto cinese, eh?
Per non perdere nemmeno un secondo
Oggi ho scoperto alcune cose molto importanti e assurde sui fatidici call center, ovvero quelle stalle dove impiegati-animali stanno in spazi-loculo in continuo contatto con lo sfortunato di turno. Più o meno famosa è la battuta di Beppe Grillo, che manderebbe truffatori vari – invece che in carcere – a lavorare in un call center a 700 euro al mese.
Innanzi tutto occorre fare alcune premesse fondamentali riguardo al lavoro necessario per far funzionare a dovere un apparato di questo tipo. In principio non c’è il verbo, ma un’azienda interessata a contattare quanta più gente possibile, con metodi che spesso sfiorano il limite dell’illegalità (o ne vanno oltre). Questa azienda possiede dei team di lavoro periferici, che dividono i clienti-vittima in zone geografiche. In ciascuna zona geografica, questi team, che dovrebbero fungere da controllori dei call center, appaltano ad aziende terze le telefonate vere e proprie. Queste ultime assumono poi ragazzi, spesso part time, che fisicamente ci telefonano a casa.
Fin qui tutto bene, se non fosse che tutti gli anelli intermedi di questa catena guadagnano in base al numero di telefonate “andate a buon fine”, ovvero al numero di clienti che sottoscrive un qualche tipo di abbonamento. La regola vale a tutti i livelli: dal telefonista sottopagato, fino al componente del team che dovrebbe gestire le aree geografiche. Questo meccanismo provoca una serie di disagi, da parte dell’utente finale, destinatario della telefonata.
- L’utente viene chiamato più volte durante la stessa giornata. Infatti i diversi call center non si “parlano” prima di stabilire chi chiamare, e altrettanto spesso i call center di una determinata zona chiamano utenti di zone che non sono di loro competenza. D’altronde la pagnotta arriva dal numero di contratti sottoscritto, e l’azienda non si lamenterà di certo se il call center di Milano trova clienti a Bari.
- L’utente che dice di non volere il servizio viene richiamato. Vedi sopra.
- L’utente che ha già sottoscritto l’abbonamento viene richiamato. Anche se questo caso può apparire paradossale, è successo anche a me: dopo la sottoscrizione dell’abbonamento a Fastweb, sono stato chiamato per sottoscrivere l’abbonamento a Fastweb. D’altronde se i call center non si parlano e non rispettano le zone geografiche di loro competenza, è ovvio che si generi il caos…
- All’utente viene sottoscritto l’abbonamento anche se in realtà non lo vuole. In questo caso la filosofia del “più ne attivi, più guadagni” supera abbondantemente ogni morale. Quando poi l’utente si lamenta, magari mesi dopo, ormai la pagnotta è arrivata, e lo studentello part time non lavora nemmeno più in quel call center. Quando era accaduto a me con l’ADSL di Alice, Telecom Italia se l’era cavata rimborsandomi il maltolto: il gioco vale la candela, almeno per l’azienda, giacché pochi clienti mediamente arrivano alle vie legali per questioni di poche decine di euro. Da una parte, quindi, conviene al centralinista, dall’altra conviene all’azienda: perché mai qualcuno all’interno del “sistema” dovrebbe lamentarsi e provare a risolvere il problema?
Ora viene il bello. Spostiamo la nostra focalizzazione sul call center visto dall’interno. Il centralinista non sceglie l’utente che deve chiamare, bensì la scelta viene effettuata da un computer.
Perché? Semplice: si risparmia tempo.
Immaginiamo la scena in cui il centralinista compone il numero. Innanzi tutto perde secondi preziosi a comporlo, ma poi si troverebbe davanti a varie opzioni:
- L’utente risponde
- L’utente è occupato
- L’utente non risponde
- C’è un fax
- C’è una segreteria telefonica
Non ci vuole un genio a capire che l’unico caso utile è il primo. Quando capita quindi uno dei rimanenti, il centralinista ha “perso tempo” inutilmente. Per questo motivo il lavoro di chiamare gli utenti lo fa il computer, che sa distinguere i vari casi (a parte, forse, quello della segreteria telefonica). Il centralinista viene “chiamato” solamente dopo che il computer ha deciso che dall’altra parte della cornetta c’è una persona umana (da che pulpito…). Ovviamente capiterà che non ci sono centralinisti liberi, nel qual caso il computer banalmente riattacca per riprovare più tardi: non sia mai che si perda un potenziale cliente!
Pizzo RAI
Parlo di pizzo perché di Canone non si può certo parlare. Ma andiamo con ordine.
Cosa è il Canone RAI? L’imposta sulla televisione, definita solitamente “Canone RAI”, è una tassa da versare all’Agenzia delle Entrate da parte di tutti coloro che possiedono una televisione, un videoregistratore, una scheda TV per il computer o comunque un qualsiasi apparecchio in grado di ricevere segnale televisivo, digitale o analogico che sia. Ecco la prima assurdità: il solo possesso del televisore (anche per giocare alla Playstation) prevede il pagamento del Canone.
In ogni caso io non solo non guardo la televisione, ma nemmeno la possiedo, per cui per fortuna il problema non mi tocca.
Il problema è l’insistenza dell’Agenzia delle Entrate a volere a tutti i costi il mio canone. In questi giorni ho ricevuto l’ennesima letterina in cui mi si dice/intima di regolarizzare la mia posizione, nonostante io abbia più volte cestinato quelle precedenti e abbia detto al rappresentante di fumo che mi si è presentato a casa che non ho la televisione. Cazzo!
Cosa vuol dire “regolarizzare la mia posizione”, quindi, se è già regolare? Sulla lettera non c’è alcun riferimento al fatto che un essere umano può essere privo di televisione, quindi finché non pago risulto evidentemente irregolare.
In tutto ciò, la vera figata è che siamo in Italia. In questa condizione un’attenta lettura della legge permette di possedere comunque un televisore e di non pagare il canone. Il sito di Beppe Grillo spiega molto bene come fare. Certo, il rischio che vengano a casa vostra e vi “sigillino” il televisore è reale, ma secondo voi accade veramente? Se avessi una televisione, testerei il sistema per il solo gusto di farmela sigillare.
Postilla. Segnalo che dal 5 gennaio 2009 la televisione pubblica francese non inserisce più spot pubblicitari nei suoi programmi della fascia oraria tra le 21 e le 9. Nel 2012 la abolirà definitivamente. La BBC, televisione pubblica britannica, è così da sempre per i canali visibili dal Regno Unito.
In Italia cosa stiamo aspettando?
Le frequenze naturali
Nel prendere le nostre decisioni, ci facciamo spesso condizionare dalle statistiche e dalle leggi della probabilità: quando votiamo, quando giochiamo al Casinò, quando decidiamo di sottoporci a una determinata operazione medica. Purtroppo, però, altrettanto spesso non ragioniamo a sufficienza sui dati che ci vengono propinati e rischiamo di fraintendere situazioni che, spiegate in maniera più chiara, risultano essere il contrario di quanto pensato fino a quel momento.
In particolare in questo post mi soffermerò sul metodo delle frequenze naturali, utilizzato per spiegare più efficientemente tutti quei casi in cui entra in gioco la cosiddetta probabilità condizionata: si tratta di frasi del tipo “quale è la probabilità che succeda una certa cosa sotto l’ipotesi che ne sia già accaduta un’altra”.
Aiutiamoci con un esempio.
Il test per stabilire che un determinato soggetto sia infetto o meno dal virus HIV sbaglia una volta su diecimila casi trattati. Immaginiamo ora di sottoporci a questo test e risultare positivi, ovvero malati. Quale è la probabilità di esserlo veramente?
Questo problema rientra nell’ambito della probabilità condizionale, in quanto stiamo cercando la probabilità che si verifichi l’evento A (sono malato) nell’ipotesi che si sia già verificato l’evento B (il mio test è positivo).
A un’occhiata superficiale si potrebbe pensare: visto che il test sbaglia solamente una volta su diecimila, posso essere ragionevolmente certo di avere il virus. Niente di più sbagliato!
Non solo: così come è posto, il problema non ha soluzione, in quanto la risposta al quesito dipende in modo diretto con la diffusione della malattia tra la popolazione di cui il soggetto fa parte. Il test sbaglia infatti molto più spesso se la malattia è meno diffusa percentualmente sulla popolazione.
Rivediamo l’esempio di prima usando le già citate frequenze naturali, e aggiungendo l’informazione mancante: poniamo che una persona su diecimile sia affetta dal virus dell’HIV. Faccio notare che sia questo valore sia il precedente sull’accuratezza del test sono verosimilmente quelli reali.
Prendiamo quindi un campione di 10.000 persone: una di esse sarà malata di HIV, 9.999 saranno sane. Se quindi il test fosse corretto al 100%, avremmo un positivo e 9.999 negativi. Poiché però sbaglia in un caso su 10.000, avremo due possibilità: 10.000 negativi (nel caso più improbabile che quello sbagliato sia il positivo diventato negativo) oppure 2 positivi e 9.998 negativi (situazione altamente probabile, in cui un negativo risulti positivo).
Ora, tornando alla domanda iniziale: quale è la probabilità che io sia effettivamente positivo dato il risutato positivo dell’esame? Uno su due, ovvero il 50%. Infatti nell’esempio il test forniva due esiti positivi, di cui solamente uno realmente affetto dal virus.
Stupefacente, vero?
(Spiegazioni molto più dettagliate ed esaurienti sul problema si trovano sul volume “Quando i numeri ingannano” di Gerd Gigerenzer, Raffaello Cortina Editore, 25,50 euro, ISBN 88-7078-843-1)