Ci sono modi e modi per dare un’informazione. Si può descrivere oggettivamente la notizia, citando il fatto senza dire la propria; si può essere palesemente di parte, ed esprimere un opinione a riguardo; oppure, subdolamente, si può scegliere di “giocare” con le parole e far credere di appartenere alla prima categoria, mentre in realtà si appartiene alla seconda.
Prima di tutto, prendiamo una parola a caso, ad esempio “pedofilo”. Ne abbiamo due definizioni, una “vera” presa dal vocabolario e una presa dall’immaginario collettivo.
Pedofilo: colui che pratica la pedofilia, devianza sessuale caratterizzata da attrazione erotica verso i bambini, spesso associata a feticismo e sadismo. De Mauro, dizionario della lingua italiana.
Pedofilo: colui che abusa di un minorenne.
Detto questo, passiamo ai fatti. Un articolo di Repubblica di oggi recita:
Prof pedofilo ritorna ad insegnare
Fioroni: “Tuteliamo gli studenti”
e l’occhiello
Aosta, condannato in primo grado, sospeso 6 mesi, reintegrato in cattedra
Scandalizzato il ministro all’Istruzione: “Reinserirlo in funzioni diverse”.
Da queste poche righe potremmo dire che la giustizia in Italia non funziona, che al governo non si occupano dei problemi del mondo, più una serie di altri luoghi comuni. E purtroppo il 90% delle persone si farà quest’idea della cosa perché
- associa alla parola “pedofilo” la seconda definizione
- non legge l’articolo, reputando il titolo e l’occhiello riassunti sufficienti alla sua comprensione
Scorrendo l’articolo, invece, si scopre la vera condanna del malcapitato. Citando l’articolo:
Il docente fu accusato dalla polizia di Bari di scambiare foto pedopornografiche e di chattare con altri pedofili utilizzando proprio il computer della scuola.
In pratica il poveretto si era fatto qualche pippa davanti a delle foto di bambini nudi. Comportamento da condannare, senza dubbio, ma lungi dal trasformarlo in un “mostro” quale il titolo voleva far passare. Potrei anche azzardare qualcosa in più, un giudizio personale: secondo me non avrebbe mai toccato né fatto male a un bambino.
Al di là del fatto in sé, l’episodio, che forse ha causato questa riflessione solamente al sottoscritto, può comunque far riflettere sulla situazione dei giornali in Italia: ormai sono un mezzo di “distrazione” dai veri problemi, fatto dovuto anche in buona parte ai finanziamenti pubblici che ricevono: se la politica paga, cerchiamo di parlarne il meno possibile, in particolare se è necessario parlarne male.
Ve l’immaginate di aprire un quotidiano e vedere, una fianco all’altra, due pagine così composte: in una la pubblicità di una società petrolifera, nell’altra un’inchiesta su quanto la suddetta società petrolifera inquina?
V2-day, 25 aprile, per un’informazione libera.