Per anni Internet Explorer ha fatto la parte del padrone nella navigazione web, relegando i pochi avversari a percentuali di una sola cifra. Tuttavia nell’ultimo periodo la situazione sta cambiando, in parte perché il browser di casa Microsoft, adagiato sugli allori del pressoché totale monopolio, non si è mai evoluto e non ha mai voluto seguire gli standard del settore, in parte perché gli avversari, più agguerriti che mai, si sono adoperati per costruire strumenti sempre più evoluti.
Ora, tuttavia, dopo le dichiarazioni di qualche giorno fa, BigM sta lentamente facendo marcia indietro, adottando una politica per la prossima versione del browser (Internet Explorer 9) che abbraccia il nuovo standard HTML5 e in generale si allinea con i competitor. Se all’inizio la dichiarazione è sembrata inusuale e sospetta, ora la vicenda si fa sempre più chiara: Internet Explorer sta perdendo velocemente market share nei confronti dei competitor, in particolare di Chrome. Quest’ultimo, creato e realizzato da Google, è infatti riuscito a farsi strada velocemente grazie alla massiccia campagna pubblicitaria e, fattore non di secondo piano, grazie anche alla sua prestanza in velocità e sicurezza, difficilmente paragonabile con quella di Internet Explorer.
I dati, portati alla luce da NetApplication, parlano chiaro: alla fine di Aprile 2010, Google Chrome viene usato dal 6,73%, mentre Internet Explorer scende sotto al 60% per la prima volta dalla fine degli anni Novanta. Un’eternità, per il mondo del web.
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Google si fa sempre più internazionale
Ogni popolazione ha la sua lingua, e la scrive come preferisce. Per questo motivo nel mondo esistono decine di idiomi differenti, parlati magari da milioni di persone, che utilizzano altrettanti alfabeti per la loro comunicazione scritta. Esempi illustri sono il cinese, l’arabo e il russo, solo per citarne alcuni.
Fino a ieri, tutti coloro che si trovavano a dover fare ricerche in quella lingua erano costretti a un copia-incolla da altri siti per poter scrivere la tal parola il quel modo. Come sottolinea il blog di Google, la frustrazione di questi utenti può essere paragonabile a quella di un utente italiano quando alcuni tasti della tastiera non funzionano più. Come digitare “viaggio in Cina” se non ho a disposizione la lettera “A”?
Oggi Google mette fine a tutti questi problemi, grazie a una nuova icona, presente in fondo al campo di ricerca. Questa fa comparire a video una tastiera della lingua richiesta, dove è possibile “cliccare” e selezionare le varie lettere, magari non presenti sulla tastiera fisica che si sta utilizzando. Lo strumento è attivabile anche per l’utente italiano o inglese, che normalmente utilizza la tastiera a caratteri romani, qualora si trovasse in un internet point di Mosca, dove le tastiere mostrano solamente caratteri cirillici.
Con questa ultima novità, Google accorcia le distanze e fa sentire sempre a casa i suoi utenti disseminati in ogni angolo del globo.
Verso iTunes web?
A dicembre Apple ha acquistato Lala, un negozio online di musica. Ora, qualunque imprenditore con un pizzico di cervello non spende 80 milioni di dollari (tale è stato il valore dell’acquisizione) per poi uccidere il progetto pochi mesi dopo. Eppure è andata esattamente così: lo scorso 30 aprile Apple ha annunciato che Lala chiuderà il 31 maggio 2010. Il credito residuo degli utenti verrà automaticamente convertito in equivalente credito iTunes.
Qui gatta ci cova. Che Apple stia mettendo online una versione web di iTunes e cerchi di sbarazzarsi dei concorrenti?
Adobe vs. Apple
Le due grandi “A” della tecnologia mondiale, Adobe e Apple, tornano a parlare di Flash. Le ultime dichiarazioni di Steve Jobs, pubblicate direttamente sul sito dell’azienda di Cupertino, non sono state particolarmente apprezzate dall’azienda concorrente.
Nel suo pamphlet, scritto per giustificare l’assenza del plugin Flash nell’iPhone, Steve considera la tecnologia dietro al programma di Adobe “chiusa”, in quanto di totale proprietà di Adobe, sia nella forma, sia nella sostanza. In seguito, Jobs mette le mani avanti, citando scelte analoghe portate avanti dalla sua azienda, ma fuori dall’ambito del web. Insomma: “chiuso” è bene, ma solo se lo fa Apple. Gli altri siano aperti.
Adobe non ha digerito la faccenda, considerando le parole del concorrente una “cortina di fumo”, atta a screditare una azienda, come Adobe, che ha come colpa quella di aver creato un modello di business redditizio al posto di Apple.
Ma dov’era la Mela quando il web emetteva i primi vagiti? La risposta è semplice: stava tentando di sbarcare il lunario, in crisi con se stessa a causa del licenziamento di Steve Jobs che l’azienda l’aveva fondata, salvata poi solamente dall’iniezione di capitale di Microsoft che ha avuto (forse) pena dello storico nemico.
Pur essendo io personalmente convinto che i sistemi aperti, in particolare nel web, siano una causa per la quale è giusto combattere, questo non deve accadere se gli scopi diventano puramente economici. E sempre più spesso le posizioni di Apple si allontanano da questo principio.
Campagna acquisti
Dopo l’acquisizione di ICQ da parte dei russi, ieri in tarda serata Hewlett-Packard, forse la più grande azienda di informatica del mondo, ha fatto shopping “griffato” e per la modica cifra di 1,2 miliardi di dollari si è aggiudicato Palm, ex leader del mercato dei palmari.
La cessione arriva proprio nel momento di maggior splendore della categoria (i palmari, appunto), ma in quello di minor splendore di Palm. Hewlett-Packard ha quindi preso due piccioni con una fava, acquistando un’azienda tecnologicamente all’avanguardia, ma in crisi, quindi a un prezzo nettamente più contenuto di qualche anno fa.
Aspettiamoci dunque nel giro di pochi mesi l’arrivo nel mercato mobile di un nuovo competitor. Che sia a marchio hp o Palm, forse, è indifferente: sarà l’utente finale a stabilire se l’acquisizione ha funzionato.
ICQ diventa russo
Verso la fine degli anni Novanta, quando ancora non c’erano MSN, Google Talk, Facebook, lui c’era già! Pariamo di ICQ, il programma di chat di riferimento della mia adolescenza e comunque un baluardo fondamentale della categoria.
Oggi questo pioniere delle chat è passato di proprietario: da AOL, che lo aveva comprato qualche anno fa, ICQ passa alla DST, società di investimento russa. Valore dell’operazione: 187.5 milioni di dollari. Se si pensa che AOL l’aveva acquistata nel 1998 per 400 milioni, si capisce di come il principale provider americano non vedesse l’ora di liberarsene.
Peccato.
Floppy disc addio
Con i floppy disc ho avuto un rapporto di amore-odio.
Amore, perché negli anni ’90 in Italia non esistevano alternative. Il mio primo masterizzatore è arrivato solo nel 1996, costoso e poco affidabile.
Odio, perché era lento e poteva contenere pochissimi dati. Il più capiente riusciva a sopportare 1.44 MB, una quantità ridicola rispetto agli hard disk esterni in vendita in questo periodo, della capacità di 1 TB, circa un milione di MB, cioè 700 mila floppy.
L’allievo supera il maestro e quest’ultimo va in pensione.
È di oggi, infatti, la triste decisione interromperne la produzione da parte di Sony, che il floppy l’ha inventato alla fine degli anni Settanta.
Dopo un ventennio di utilizzo sfrenato, ormai meno del 2% dei computer possiede un lettore di floppy disc; non conviene più produrne. Così da marzo 2011 il colosso giapponese ne cesserà la produzione e distribuzione, relegandolo solo ai gloriosi ricordi dei nerd degli anni Ottanta.
iPad e l’insonnia
Dormo poco e male. Lo so, ne sono consapevole e spesso ho concluso che la mia vita davanti al PC potesse esserne la causa. C’è chi fuma, chi beve e chi consuma litri di caffè. Io uso il mio computer, per tanto tempo, spesso consecutivo.
All’uscita di iPad come e-book reader, il mio scetticismo nei confronti di questi dispositivi era aumentato: se sto davanti al monitor anche quando leggo i libri, altro che insonnia…
Oggi alcuni studiosi hanno scoperto che è proprio così: gli schermi LCD provocano insonnia, in particolare se utilizzati prima di addormentarsi. Questo, in soldoni, si traduce in occhi sbarrati e pensieri continui per tutte quelle persone che, proprio per addormentarsi, leggono un libro… sull’iPad!
Meglio Kindle, quindi. Il reader rivale made in Amazon utilizza infatti l’inchiostro elettronico, che all’apparenza sembra un cristallo liquido, ma che in realtà non ha bisogno di retroilluminazione e quindi favorisce un fisiologico sonno se utilizzato prima di coricarsi.
Acqua in bocca
Quando si porta un oggetto elettronico a fare sostituire perché non funzionante, di solito il negozio, prima di spedirlo per la riparazione, controlla che sia integro. Se ad esempio un telefono ha segni di rottura, significa che è caduto e quindi non può usufruire della garanzia, ma la sostituzione deve avvenire dietro pagamento del dovuto.
Cosa accade però quando un cellulare cade in acqua? Se questo è spento e viene fatto asciugare, spesso risorge senza troppi problema. Tuttavia, se cade mentre è acceso (cosa che capita nel 90% dei casi) non sempre torna a funzionare come prima, anche dopo averlo messo al sole per giorni.
L’eccezione che conferma la regola: a una mia amica è caduto nel cesso ed è tornato come nuovo una volta asciutto.
In ogni caso, onde evitare problemi, le varie case produttrici di dispositivi mobili cercano di tutelarsi in vari modi contro le “frodi” degli utenti troppo furbi. Motorola, leader del settore, inserisce ad esempio un bollino di colore bianco all’interno del cellulare. Questo speciale bollino ha la proprietà di diventare rosso (e rimanere di tale colore) qualora il telefono cada in acqua.
Ho voluto sperimentare di persona la cosa su un vecchio cellulare Motorola in mio possesso. Ecco il risultato.
Sbloccare il tethering dell’iPhone con Vodafone
L’oggetto chiamato iPhone è una grande risorsa, soprattutto se lo si considera in maniera assoluta slegato dalle logiche aziendali. Sì, perché tutte le società coinvolte in produzione e distribuzione del telefono mettono blocchi ovunque possibile, in modo da indirizzare (leggi: costringere) l’utente verso determinate scelte.
Tra queste la più noiosa è l’impossibilità di usare prodotti come Skype sotto copertura 3G (ma solo in presenza di reti wireless); una limitazione imposta da Apple per ovvi accordi economici con le compagnie telefoniche di tutto il mondo.
In Italia, però, anche Vodafone ha voluto mettere lo zampino nelle impostazioni, inibendo una delle novità dell’aggiornamento di giugno: il tethering. In pratica, tramite questo servizio, solitamente disponibile su tutti i telefoni, è possibile utilizzare il telefono come modem collegato a un PC. Qualcuno penserà che un oggetto che può andare senza problemi su internet non abbia più di tanto bisogno di un servizio simile, tuttavia la comodità di poter utilizzare il proprio portatile non è certo da sottovalutare.
Per evitare questo, però, Vodafone Italia ha deciso che nel nostro paese nun se pò ffa’!
Fortunatamente questo sito fornisce un escamotage per aggirare il problema. Lo ripropongo in questa pagina.
Utenti Mac
- Collegare l’iPhone.
- Aprire il terminale (Applicazioni – Utility – Terminale) e incollare il seguente comando (potete usare Command-V):
defaults write com.apple.iTunes carrier-testing -bool TRUE - Scaricate questo file sul computer.
- Aprire iTunes e premere “Verifica aggiornamenti” tenendo premuto il tasto Alt. Selezionare il file e dare l’ok.
Utenti Windows
- Collegare l’iPhone.
- Cliccare su Start – Esegui e incollare il seguente comando (potete usare Ctrl-V):
“%ProgramFiles%iTunesiTunes.exe” /setPrefInt carrier-testing 1 - Scaricate questo file sul computer.
- Aprire iTunes e premere “Verifica aggiornamenti” tenendo premuto il tasto Shift. Selezionare il file e dare l’ok.
Come sempre spero di essere stato utile a qualcuno.