Tutti i numeri dispari sono primi!

Finalmente lo hanno dimostrato. Io lo sospettavo da tempo, ma quando un matematico, un fisico, un ingegnere e un informatico sostengono la mia stessa tesi, allora non posso più dubitarne.

Matematico
3 è primo, 5 è primo, 7 è primo. Per un ragionamento induttivo, i dispari sono tutti primi.

Fisico
3 è primo, 5 è primo, 7 è primo, 9 è un errore sperimentale.

Ingegnere
3 è primo, 5 è primo, 7 è primo, 9 è primo, 11 è primo, …

Informatico
3 è primo, 5 è primo, 7 è primo, 9 non è primo, ma lo sarà nella prossima release.

Per essere sicuri

Nella consueta presentazione primaverile dei nuovi prodotti Apple sono spiccate due grosse novità: da una parte la seconda versione del melafonino iPhone, dall’altra un cospicuo aggiornamento del software su cui si basano tutti i gingilli dell’azienda fondata da Jobs (e da Steve Wozniak, ogni tanto vale la pena ricordarlo), ovvero Mac Os X. L’ultima versione rilasciata circa un anno fa, Leopard, sta per compiere un anno e mezzo; così, come da buone abitudini, sta per essere rilasciata la nuova versione: Snow Leopard.

La caratteristica più importante di questa release è il fatto di non avere nulla di nuovo. Dopo le ultime critiche in fatto di sicurezza (nell’annuale gioco in cui vince chi buca per primo un PC ha infatti “vinto” Leopard), la Mela ha rallentato la sua corsa verso un sistema futuristico per concedersi a migliorie in termini di sicurezza e prestazioni, ambiti accantonati un po’ con Leopard.

Mentre prima Apple veniva letteralmente “lasciata in pace” da hacker o semplici utenti malintenzionati, da quando Mac Os X ha raggiunto share del 5-6% l’interesse verso questo sistema operativo è di sicuro salito, rendendolo facile preda di virus e, più in generale, malware informatici.

Speriamo che davvero i tecnici della Mela stiano lavorando sodo perché, per una buona crescita, ce ne sarà bisogno.

Da un eccesso all’altro

Microsoft alla fine si è “calata le braghe”. Nella nuova versione di Windows (la settima) in uscita alla fine dell’anno, la multinazionale di Redmond non introdurrà di default già installato il browser Internet Explorer. Dopo aver sostenuto per anni che Windows ed Explorer erano inscindibili (ma dopo aver prodotto un Service Pack 2 di Windows Xp che permetteva di nascondere quest’ultimo), finalmente con la nuova release del sistema operativo la questione andrà a posto e il browser diventerà effettivamente disinstallabile al 100%. Non solo, ma nell’installazione di Windows non ci sarà del tutto.

Sembra tutto a posto e tranquillo? Niente di più sbagliato. L’Unione Europea, infatti, ha rincarato la dose: fornire un PC senza un browser non è la soluzione. I singoli venditori o produttori, senza troppi problemi, installerano a mano il noto navigatore: distribuire computer senza questo software non sarebbe allettante per gli utenti. Si tratterebbe quindi semplicemente di uno specchietto per le allodole che Microsoft metterebbe in piedi spacciandolo per il compromesso del secolo.

L’utente deve poter scegliere“, secondo la Commissione Europea.

Cosa intende? Mettere un menu a discesa alla prima accensione? E poi, “scegliere” tra cosa? Come si può selezionare l’elenco dei browser “aventi diritto” a questa scelta iniziale?

Mentre aspettiamo Windows 7, vedremo come Microsoft riuscirà ad accontentare l’Europa.

Colpo di scena

Per la prima volta nella storia della giurisprudenza mondiale (almeno per quanto io ricordi), internet è stato considerato diritto fondamentale di ogni cittadino. Il Consiglio Costituzionale francese ha infatti reputato contrario alla Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo (del 1789) la legge appena approvata dal governo che obbliga i provider a disattivare la connessione a internet per tutti quegli utenti che vengano “pizzicati” a scaricare musica e film da internet tramite il circuito peer to peer. La famosa norma, voluta dalle case discografiche, di fatto viene quindi svuotata della sua componente fondamentale, nonché deterrente per qualunque utente della rete. Al suo posto l’utente riceverà una “nota sul registro” che li sculaccia per aver scaricato materiale protetto da copyright da internet. Quanto poi questa letterina possa spaventare gli utenti è tutta da vedere.

Dopo lo straordinario risultato del Partito Pirata in Svezia, che è riuscito a prendere un parlamentare europeo, ecco una seconda pesantissima stangata per le case discografiche e cinematografiche.

Vale la pena accostare la situazione della Francia con quella dell’Italia, almeno in due punti.

  1. Il Consiglio Costituzionale francese opera in modo analogo alla Corte Costituzionale italiana. Tuttavia tra le due esiste una enorme differenza: quella francese agisce prima che la legge venga approvata. Se quella italiana funzionasse nello stesso modo, probabilmente ora l’Italia non avrebbe il lodo Alfano e, soprattutto, Berlusconi sarebbe processato per il caso Mills.
  2. È curioso come nello stesso giorno in cui in Italia viene approvata (con tanto di fiducia) una legge che impedisce la pubblicazione delle intercettazioni, in Francia una legge molto meno dittatoriale viene stroncata sul nascere perché di intralcio alla libertà di informazione di ogni individuo. D’altronde, sempre in questi giorni, Sarkozy ha incontrato Obama, mentre Berlusconi è pappa e ciccia con Gheddafi.

Un server web completo su Mac Os X

Oggi post “tecnico”. D’altronde, dopo una serie di articoli di satira e politica e dopo un bel po’ di giorni di assenza, meglio rientrare nei ranghi con qualcosa di inutile per il 90% dei miei lettori.

Ispirato da questo articolo, spero di riuscire a spiegare al mondo come configurare e installare un server web su Mac Os X, completo di php, mysql, pear, librerie gd e quant’altro.

Innanzi tutto bisogna dire che casa Apple rende la vita piuttosto facile a chi ha voglia di usare php a “sbattimento zero”: il server web Apache2 e php 5 sono già installati di serie nel sistema operativo.

Attivazione di Apache

Attivare il server web è piuttosto semplice. Clic sulla mela in alto a sinistra, “Preferenze di sistema…”, “Condivisione”, attivare il flag in “Condivisione web”. Per testarne il funzionamento si può aprire un qualunque browser web e digitare “localhost” nell’indirizzo. Se compare una finestra di benvenuto di Apache significa che tutto è andato a buon fine.

Per utilizzare php abbiamo due opzioni: attivare la versione già compresa in Mac Os X (rinunciando però alle librerie GD per la gestione delle immagini) oppure installarlo ex novo con l’aiuto dell’installer di Marc Liyanage.

Attivazione di php built-in con Mac Os X

Anche se installato, purtroppo php non è automaticamente attivato, ma necessita di una piccola modifica ai file di configurazione di Apache. Aprire un terminale (Applicazioni – Utility – Terminale) e digitare

sudo nano /etc/apache2/httpd.conf

Dopo aver inserito la password del vostro utente, comparirà un’editor testuale utilizzabile come un blocco note. Premere Ctrl+W per cercare del testo, digitare “php” seguito dal tasto Invio. Il cursore dovrebbe fermarsi sulla riga

#LoadModule php5_module libexec/apache2/libphp5.so

da cui dobbiamo togliere il carattere cancelletto (#) che la precede. Per fare questo possiamo digitare Ctrl+A per spostarci all’inizio della riga e poi Fn+Backspace (l’equivalente del Canc delle tastiere complete, misteriosamente non troppo sponsorizzato da Apple nei nuovi modelli di MacBook). Salvare quindi il file premendo Ctrl+X, seguito da “y” per confermare e infine Invio.

Installazione da zero

Per i più esperti e vogliosi di funzionalità (e di modernità, visto che la versione di php installata di default è piuttosto datata), riporto un tutorial di Marc Liyanage reperibile su questo sito.

Attenzione! Per poter funzionare, questa versione richiede necessariamente che non sia stato attivato il php incluso in Mac Os X (vedi punto precedente).

Scaricare dunque php dal sito di Marc oppure cliccando qui (conviene comunque fare un saltino sul sito perché la versione linkata da me potrebbe risultare datata nel prossimo futuro). Trattasi di un file pkg eseguibile e installabile con una procedura tipica dei programmi Mac.

Testare l’installazione

Per verificare che php è installato correttamente occorre creare un nuovo file nella cartella Macintosh HD – Libreria – WebServer – Documents e dargli estensione php, ad esempio “prova.php”. Aprite il file con un qualunque editor di testo (consiglio TextMate per questo tipo di operazioni, così la sintassi viene colorata risultando più chiara) e digitate

<?php phpinfo(); ?>

Salvate il file, tornate sul browser dove avete già testato Apache e digitate “localhost/prova.php”. Dovreste vedere la schermata di informazioni di php. Se ciò non accade, è necessario riavviare Apache digitando sudo apachectl restart nel Terminale.

Installare mysql

Per installare il popolare database firmato Sun (ormai parte del pesce più grosso Oracle), andate sul sito del produttore, cliccate Downloads – Download Mysql Community Server – Mac OS X (package format) e cliccate sul “Pick a mirror” relativo alla vostra architettura. Probabilmente Mac OS X 10.5 (x86_64) andrà bene.

Nella schermata successiva vi viene chiesto di registrarvi, ma con il link in basso “No thanks, just take me to the downloads!” vi risparmiate le fatica. Cliccate sul mirror che vi consiglia e scaricate il dmg del database server.

L’installazione di quest’ultimo è nuovamente piuttosto banale. Oltre al readme, ci sono tre file, da installare nel seguente ordine:

  • mysql-5.1.34-osx10.5-x86_64.pkg
  • MySQL.prefPane
  • MySQLStartupItem.pkg

Durante l’installazione del secondo, ricordatevi di premere “Start MySQL Server”. Se appare la scritta verde “running” significa che è tutto a posto.

Configurare php e mysql

Se avete installato php dal tutorial di Marc, non c’è nulla da fare, altrimenti occorre tornare nel Terminale e “smanettare” i file di configurazione di php.

Digitate sudo nano /etc/php.ini e cercate (Ctrl+W) la stringa “mysql.default_socket”. Dovete trasformare la riga mysql.default_socket = in mysql.default_socket = /tmp/mysql.sock. Salvate quindi nuovamente con Ctrl+X, “y” e Invio.

Testare mysql

Ora non resta che testare mysql. Per fare ciò potete tornare sul file di prova di prima e sostituirne il contenuto con

<?php mysql_connect("localhost", "root", ""); ?>

Se tornando sul browser alla pagina “localhost/prova.php” non vedete nulla, significa che il database funziona. Se così non dovesse essere, prima di cedere alla rabbia o alla rassegnazione provate a riavviare nuovamente Apache con il comando sudo apachectl restart.

Una volta a posto, consiglio di cambiare la password di root di mysql andando nel Terminale e digitando

sudo /usr/local/mysql/bin/mysqladmin -u root password newpass

sostituendo newpass con la nuova password.

Come la Cina…

Quando ho conosciuto per la prima volta di persona una ragazza cinese, uno dei primi argomenti affrontati è stata la censura: è davvero possibile che a più di un miliardo di persone venga nascosto un sistema di offuscamento delle informazioni della portata di quello cinese? La risposta è: sì.

Ebbene, quello che il nostro Parlamento sta approvando è esattamente un procedimento analogo, e il fatto che nessuno sia ancora sceso in piazza per protestare conferma la mia ipotesi: un governo può tranquillamente tenere all’oscuro la popolazione le informazioni “scomode”.

Ora, se un paragone con la Cina può essere forse eccessivo, ricordo che l’emendamento D’Alia appena passato in Parlamento vuole impedire che un sito web infranga la legge, in qualsiasi modo. La norma prevede anche che i provider chiudano immediatamente l’accesso alle pagine incriminate. Quindi se nel mio blog dico: “questa legge mi fa schifo, non rispettiamola”, ho buone probabilità che i provider italiani mi oscurino, perché incitare a non rispettare la legge è reato.

Riporto, sempre per analogia con la Cina, un passo di un articolo di Bloomberg, una delle maggiori agenzie stampa americane.

Italian Prime Minister Silvio Berlusconi, whose allies in the Senate helped pass the measure, owns Mediaset SpA, the country’s largest private broadcaster. Mediaset in July said it sued YouTube and Google for illegally distributing the television company’s content, seeking “at least” 500 million euros in damages.

Berlusconi has campaigned every weekend for the last month for his candidate, Ugo Cappellacci, against rival Renato Soru in the elections for governor of the island of Sardinia, which are scheduled to be held on Feb. 15 and 16. Soru is the founder and owner of 17.7 percent — through a blind trust — of Internet- service provider Tiscali.

Traduzione

Il Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, la cui maggioranza in Senato ha permesso alla legge di passare, possiede Mediaset SpA, la più grossa azienda di telecomuniazioni del paese. Mediaset in luglio ha detto di aver fatto causa a Google e YouTube per aver distribuito illegalmente contenuti video della compagnia, chiedendo almeno 500 milioni di euro di danni.

Berlusconi ha sostenuto, durante i weekend dell’ultimo mese, la campagna elettorale del suo candidato, Ugo Cappellacci, contro il rivale Renato Soru nelle elezioni del governatore della Regione Sardegna che si terranno il 15 e il 16 febbraio. Soru ha fondato e possiede il 17.7% (tramite “blind trust”) dell’internet service provider Tiscali.

Finché un articolo del genere ci darà informazioni che già possediamo, il problema non sussisterà. Il fatto però che noi rimaniamo indifferenti di fronte a questi due paragrafi non è una buona notizia. Svegliamoci!

Spartiti di Warcraft II

Warcraft II

Capita spesso che di alcuni grandi film rimane impressa negli spettatori più la musica del film stesso. A me è successo con un videogioco: Warcraft II. Le sue musiche, che nella versione originale erano inserite nel CD come tracce audio, sono costantemente nelle mie orecchie. Credo che creino una sorta di dipendenza per quanto sono melodiche ma al contempo armonicamente complesse e ricche di arrangiamenti. Peccato solo che le incisioni originali siano probabilmente create tramite un computer e non suonate da una vera orchestra.

Ieri sera, scartabellando internet, ho trovato un sito che contiene varie centinaia di spartiti di musiche dei videogiochi. Tra queste ho scaricato, incredulo, anche due PDF con le note di due dei dodici motivi di Warcraft II. Una volta scaricate e stampate, ho constatato che ci vorranno settimane, forse mesi, di studio prima che io possa dire vagamente di saperle suonare.

Non perdo altro tempo: devo rimboccarmi le maniche e cominciare!

Sincronizzare l’iPhone con due librerie di iTunes

iPhone

Oggi post “tecnico”.

Tutti coloro che possiedono un iPhone sanno che è possibile sincronizzarlo con una sola libreria di iTunes. Per quelli che possiedono un solo computer il problema chiaramente non esiste, ma per tutti gli smanettoni che non si accontentano di un solo PC il problema è reale. Nel mio caso è particolarmente sentito, in quanto possiedo e uso più o meno regolarmente almeno quattro diversi computer. Mi è completamente oscuro il motivo per cui Apple abbia preso una tale decisione.

Cercando su internet ho trovato la soluzione, un po’ macchinosa ma molto veloce per chi ha dimestichezza con il computer.

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C’è vita nello spazio

ISS

I computer ci distruggeranno tutti. 2001, odissea nello spazio è in realtà un documentario importato dal futuro. E anche Independence Day. Vi ricordate la scena in cui i nostri eroi iniettano nel computer degli alieni un virus informatico per mandare tutto in tilt?

Ecco, una cosa simile sarebbe potuta accadere alla Stazione Spaziale Internazionale, nel cui computer è stato ritrovato il virus Gammina.AG, tanto banale quanto debellato. Ovviamente esiste solo per Windows.

Secondo le fonti ufficiali, a portarlo sarebbe stato un portatile (nomen omen) arrivato da terra. Anche se l’emergenza non è ancora rientrata perché i computer di bordo non prevedevano l’utilizzo di un Antivirus, la Nasa ha tranquillizzato tutti dicendo che non c’è pericolo per la vita degli abitanti della Stazione.

In tutta questa storia, però, la domanda è una sola: possibile che, con tutti i miliardi di dollari che spende la Nasa, sui PC della Stazione Spaziale ci sia installato Windows?

La baia nella tempesta

Pirate Bay

“Fascist state censors Pirate Bay”, ovvero “Uno stato fascista censura Pirate Bay”.

Con questa frase il noto sito svedese The Pirate Bay, uno dei maggiori portali di hacking al mondo, tra i 100 siti più visitati in assoluto, inzia un messaggio dedicato a tutti gli utenti italiani. Da qualche giorno, infatti, la Guardia di Finanza ha diramato una segnalazione di blocco del sito che molti provider hanno subito assecondato. Se si prova a visitare il sito di The Pirate Bay, infatti, si arriverà a una pagina di errore.

Ma in informatica c’è sempre un “ma”, perché noi non siamo bravi come i cinesi nell’ars censurandi. Il blocco, in realtà, è stato fatto a livello di DNS, e non di linea, per cui il sito è fisicamente accessibile, ma il nome “thepiratebay.org” non porta più a nulla. Un po’ come se per nascondere al mondo l’esistenza di una casa, si dice alle poste di non recapitare più lettere all’indirizzo di quella casa. La casa continuerebbe a esistere.

Ecco quindi che la soluzione è cambiare colui che porta le lettere. In questo caso bisogna disinibire il provider nella risoluzione del DNS. Spiego brevemente di cosa si tratta.

Ogni computer sul pianeta è identificato (più o meno univocamente, ma per semplicità per noi sarà così) da un indirizzo, detto indirizzo IP, un insieme di numeri apparentemente incomprensibili e in ogni caso difficili da ricordare. Ad esempio questo sito si trova su una macchina che ha indirizzo IP 62.149.198.81. Siccome sarebbe troppo scomodo utilizzare questi numeretti ogni volta, sono stati inventati dei nomi più semplici da ricordare, come ad esempio www.ziorufus.it. Il DNS si occupa di associare al nome il suo magico indirizzo IP.

Ora, quello che hanno fatto i vari provider per assecondare la Guardia di Finanza è stato di cancellare il nome thepiratebay.org dai propri database, per cui quando si “chiede” quella pagina si ottiene una risposta di tipo “non trovato”.

Tuttavia, per fortuna nessuno ci obbliga ad usare i DNS del nostro provider, anche se siamo collegati con Libero, con Alice o con qualsiasi altro. Esiste un metodo piuttosto semplice per utilizzare DNS di terze parti. Tra questi, consiglio vivamente OpenDNS, un servizio efficientissimo e ormai consolidato che andrà a sostituire senza alcun problema il DNS “domato” del vostro provider. Attraverso OpenDNS il sito internet oggetto di questo messaggio è tranquillamente accessibile, così come lo sono tutti quei siti della lista nera diramata dalla Guardia di Finanza qualche mese fa, tra cui prevalentemente portali di gioco d’azzardo online. Giocare d’azzardo in Italia è legale solo se lo fa lo stato…

Per modificare i propri DNS e utilizzare quelli di OpenDNS basta seguire le guide proposte in questa pagina.