Persuasione mediatica

Non guardo la televisione e onestamente mi frega poco anche del nucleare. Però, quando vedo pubblicità ingannevoli, mi incazzo.

Di recente, sta andando in onda sulle principali reti nazionali uno spot che pubblicizza il Forum Nucleare Italiano, una sorta di spazio della rete dove discutere del problema del nucleare in Italia.

La cosa mi è puzzata da subito: come è possibile che un medium come la televisione possa ospitare lo spot di un banale forum di opinione? Gli spot televisivi costano decine di migliaia di euro per messa in onda, quindi è praticamente impossibile che una qualunque associazione possa permetterselo.

La risposta alla mia domanda, arriva presto. Basta infatti andare sul sito web e visionare la pagina dei soci fondatori: Alstom, AnsaldoNucleare, Enel, Edf e molti altri noti. Insomma, non sono proprio azienducce disinteressate che vogliono fare chiarezza. Sono più che altro grandi compagnie altamente interessate che vogliono fare soldi.

Dove sta dunque il trucco? Praticamente ovunque.

Nello spot

Citando un interessante intervento di Italiani imbecilli, nello spot si nascondono una serie di tranelli psicologici.

Il colore degli scacchi: si noterà che la parte antinucleare gioca con i pezzi neri, mentre il giocatore che sostiene il nucleare muove i pezzi bianchi. Elementare, quindi, l’associazione simbolica. Il nero che è culturalmente legato all’idea della morte, del brutto, del cattivo, sostiene l’idea antinucleare. Il bianco, legato al concetto di purezza, di trasparenza, di bontà, sostiene l’idea del nucleare. Il messaggio percepito a livello emotivo è: il nucleare è buono, l’antinucleare è cattivo.
La voce fuori campo: al fine di potenziare ulteriormente la tesi pro nucleare, lo spot utilizza il timbro della voce. L’antinuclearista ha una voce aspra, mentre il nuclearista è doppiato con una voce suadente, leggera, soave, confidenziale. Lo spettatore è portato a legarsi emotivamente alla voce confidenziale, quindi alla tesi nuclearista. Si crea artificialmente uno scambio di fiducia reciproca tra lo spettatore e il nuclearista.
Anche la sceneggiatura dello spot gioca a favore del nucleare, nella parte finale, quando la voce fuori campo dice che il nucleare ‘è una grande mossa’. Subito dopo questa battuta non vengono compiute altre mosse sulla scacchiera, a indicare che l’ultima mossa del cavallo bianco (nuclearista) ha realizzato il suo scacco, ha vinto la partita (e l’italiano medio sta sempre dalla parte del vincente). Nello spot è quindi tutto già deciso a priori. Non c’è nulla da scegliere.

Nel sito

La situazione non è molto diversa sul sito web del Forum. Sia le news, sia le FAQ fanno pensare all’energia nucleare come alla soluzione tanto cercata per il problema energetico, un deus ex machina che risolve tutto.

Per fare un esempio, ecco le news che compaiono al momento della stesura di questo articolo:

  • Il nucleare conquista il Medio Oriente
  • Accordo tra Axpo, Alpiq e BKW FMB Energie per il nucleare in Svizzera
  • Umberto Minopoli nuovo segretario generale di Ain
  • India e Russia insieme per costruzione nuovi reattori

Nemmeno una di queste mette in dubbio l’utilità pratica e/o economica del nucleare. Analogamente, nelle FAQ, una domanda come Le centrali nucleari emettono sostanze radioattive?, viene rigirata brillantemente:

Si, emettono piccolissime quantità di radiazioni sotto forma gassosa o liquida, emissioni rigidamente controllate e molto diluite in modo tale che possano essere considerate trascurabili. Le dosi annue di radioattività assorbite dagli operatori più esposti sono infatti dello stesso ordine di grandezza di quelle assorbite per cause naturali come i raggi cosmici e la radiazione terrestre.

Si parla di “piccolissime”, “controllate”, addirittura “trascurabili”. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.

Ah, dimenticavo

Il fantomatico “forum” non è nemmeno un… forum! Non è possibile lasciare commenti né scrivere una propria opinione. Il tutto si riduce quindi a un sito prettamente pseudo-didascalico avente la classica struttura top-down: il visitatore entra e legge quello che gli “editori” hanno scritto. Fine.

Alle prime armi

Come già scritto ieri, sono tornato qualche giorno a casa. Dopo aver sostituito l’hard disk del computer dei miei genitori, appena comprato, ho deciso di riprendere in mano vecchi scatoloni polverosi per ripescare i giornalini del mio periodo liceale.

Trattasi di

  • 4 numeri di “Il Luigino Scatenato”, anno scolastico 1996/1997.
  • 2 numeri di “Il nuovo Luigino Scatenato”, anno scolastico 1997/1998.
  • 6 numeri di “Skolaro”, anno scolastico 1999/2000.
  • 7 numeri di “Skolaro”, anno scolastico 2000/2001.

Ci sarebbe anche “Il Fulmine”, giornalino con cui mi dilettavo durante i miei anni alla scuola media, ma penso che tutti i numeri stampati si siano persi nelle pieghe del tempo che passa. A malapena mi ricordo come fossero fatti.

In tutto ben 19 numeri, quindi, per la gran parte dei quali ho seguito tutto il processo: scrittura di alcuni articoli, impaginazione, correzione di bozze, stampa, distribuzione. Se a questi aggiungo i 68 numeri di Inchiostro, relativi al mio periodo universitario e post-universitario (2004/2010), mi faccio quasi paura.

Spero di riuscire a inserire il tutto online durante le vacanze di Natale. Purtroppo i file originali sono andati perduti, per cui dovrete accontentarvi di PDF ricavati dalla scansione dei numeri.

La pubblicazione fa l’uomo ladro

fanelli

Pubblico qui di seguito un’intervista che ho realizzato per Jekyll.

Daniele Fanelli, un passato da giornalista per le pagine di New Scientist e Le Scienze, ora si occupa di sociologia della scienza presso l’Università di Edimburgo. Sarà a Trieste il 25 novembre, in occasione del IX Convegno Nazionale sulla Comunicazione della Scienza, con un intervento dal titolo “Come la scienza fa notizia, e la notizia fa la scienza, in Italia e Gran Bretagna”. In un recente articolo, Fanelli parla di cattiva scienza, e di come a volte i ricercatori “barino” nel presentare i loro risultati. In che senso? E chi sono i più “cattivi”? Glielo abbiamo chiesto.

[audio:http://www.ziorufus.it/wp-content/uploads/2010/11/fanelli.mp3|titles=Intervista a Daniele Fanelli]

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Tenco 2010

carmen-consoli-pai

Anche quest’anno a Sanremo si è tenuto il Premio Tenco 2010. Tra gli ospiti Vinicio Capossela, Renzo Arbore, Samuele Bersani, gli Skiantos e una brillante Carmen Consoli. Che ci ha ricordato una banalità dimenticata purtroppo dalla maggior parte degli italiani: la chiamano escort, ma vuol dire troia.

La televisione che non c’era

Sono ormai quasi 10 anni che non ho la televisione. Dopo la mia dipartita dalla Liguria e lo sbarco nella nebbia pavese, pensavo che una scheda TV per il computer avrebbe fatto le veci della televisione. Invece non ne ho nemmeno mai sentito la necessità e ora giace dimenticata da qualche parte in soffitta.

Un po’ è stata colpa del nuovo ambiente dove mi trovavo – il Collegio – un po’ sicuramente il crollo della qualità dell’offerta televisiva italiana.

Tuttavia, dopo così tanti anni, lunedì sera la televisione un po’ mi è mancata. Ho riparato ieri, quando sono andato sul sito del varietà di Fazio e Saviani, Vieni via con me, e mi sono guardato la trasmissione da lì.

Ecco, in questo momento mi sono venuti in mente i mitici Anni Novanta, quelli in cui la televisione era davvero un mezzo potente, capace di far sorridere, piangere, incazzarsi; e ovviamente trasmettere informazioni utili e “acculturare” un po’ la popolazione.

Per fortuna a nulla è servito l’ostruzionismo della dirigenza Rai, che voleva impedire la realizzazione della trasmissione. “Prendono troppi soldi”, dicevano. Ma si dimenticavano che certe persone fanno spettacoli per mestiere. Il buon Benigni non è un commerciante di frutta che a tempo perso si improvvisa showman. Benigni è uno showman professionista, e come tale va pagato. Ha fatto bene a sottolinare come anche Masi, allora, dovrebbe rinunciare allo stipendio, se davvero la Rai versa economicamente in cattive acque. E se poi si pensa che la tramissione ha avuto picchi di 9 milioni di persone (proprio grazie a quel Benigni che ha lavorato gratis), forse gli incassi superano nettamente le spese. Basti pensare che uno spot pubblicitario in un programma di quel livello può costare fino a 100mila euro.

Vedremo con le prossime puntate, cosa ci riserverà questa nuova coppia di uomini di spettacolo; vedremo se le cose cambieranno ora che – ormai è palese – si torna alle urne; e vedremo se, magari, cambierò idea e andrò a comprarmi uno di quei nuovi televisori per riprendere le vecchie abitudini ormai dimenticate. Come, ad esempio, guardare la televisione e pagare il canone Rai.

Il patrimonio artistico italiano

pavia

Il crollo della Scuola dei Gladiatori di Pompei non stupisce. In un momento storico per il nostro paese in cui la crisi falcidia migliaia di posti di lavoro e il Governo pensa solo a salvare il premier dai processi, è ovvio che il primo punto dove i fondi vengono tagliati è la cultura. In particolare quella dei restauri delle opere esistenti. L’Italia è una delle nazioni del mondo che, paradossalmente, possiede più patrimonio artistico di qualunque altra ma investe una quantità infima di risorse economiche per tutelarne la conservazione.

Un problema, però, non esiste finché non viene giù qualche pezzo di Pompei 0 finché qualcuno non ne parla seriamente. Se la natura pensa al primo punto senza troppi problemi, il Giornale di Socrate al Caffè, insieme con Studium Artis e con il Comune di Pavia, si occupa del secondo, ovvero parlarne.

In calce allego l’invito di Sisto Capra, direttore responsabile del Giornale di Socrate al Caffè, per un incontro che vuole trattare proprio l’aspetto della conservazione del patrimonio artistico che fa dell’Italia la meta turistica più ambita del pianeta.

Cari amici,
la tutela del patrimonio d’arte è diventato uno dei temi decisivi in un Paese come l’Italia, che è la culla dei tesori artistici, e in una città come Pavia che è tra i gioielli dell’arte e della cultura. È gradito rivolgervi l’invito a partecipare al convegno “Il patrimonio artistico: tutela e valorizzazione”, organizzato dal “Giornale di Socrate al Caffè” e da Studium Artis, con il patrocinio del Comune di Pavia, che si svolgerà presso la sala conferenza Broletto (ingresso da piazza Cavagneria) giovedì 11 novembre alle ore 16,30.

Interverranno:
Domenico Sedini, amministratore delegato della società Studium Artis, specializata nella tutela del patrimonio d’arte;
Gianmarco Centinaio, assessore alla cultura del Comune di Pavia;
Giorgio Forni, assessore alla cultura del Comune di Vigevano;
Susanna Zatti, direttore dei Musei Civici di Pavia;
Gianluca Poldi, fisico ed esperto di diagnostica delle opere d’arte, Università di Bergamo;
Alfonso De Nicola, titolare di “Mondo Assicurativo” di Pavia

Moderatore: Sisto Capra, direttore responsabile de “Il giornale di Socrate al caffè”

Il futuro della carta

Riporto qui un interessante articolo sul futuro dei giornali, scritto da Marco Cagnotti per il blog tematico Stukhtra.

“Ah, signora mia, la carta! La carta non morirà mai! Io al piacere del giornale di carta proprio non ci rinuncio. La carta è un’altra cosa!”. Segue, rivolto all’interlocutore, uno sguardo di compatimento nella migliore delle ipotesi e di disgusto nella peggiore: compatimento e disgusto verso i barbari moderni, i seguaci del digitale, ormai incapaci di apprezzare le sane, buone, care vecchie abitudini di una volta. Come la carta, appunto. Brutta gente, quella lì. Gente che legge il giornale (sempre ammesso che lo legga, eh!) sul computer, o perfino sul telefonino, o magari su quei cosi nuovi… come si chiamano?… iPod, iPad, iCoso… insomma quella roba lì. No no no… vuoi mettere il rito quotidiano del giornale davanti a cappuccino e brioche?

Continua…

Il teorema del gatto

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Ogni giorno il mio gatto si mette sulla sedia sbagliata. Non quella col cuscino rosso, dedicata a lui, ma su una di quelle con il cuscino blu. Nemmeno sempre la stessa, tra l’altro. Io allora cosa faccio? Lo scaravento in quasi-malomodo sul suo giaciglio dalle sfumature scarlatte (che poesia, eh?) e lui riprende a dormire.

Non so perché sia così stupido: se si mettesse subito al suo posto, nessuno gli romperebbe le scatole. E invece continua a preferire il capezzale pervinca (e qui l’epica giunge all’apice, con un’allitterazione da Nobel).

Forse lo fa perché preferisce il blu, oppure perché ha la memoria breve. O, semplicemente, è una stramaledetta testa di cazzo. In effetti tutte le prove raccolte portano a quest’ultima opzione.

Ci rimugino un po’, e concludo che questo tipo di problemi appartengano solamente al regno animale.

Appagato dall’incredibile deduzione, decido di andare a letto. Prima di addormentarmi, leggo l’ultimo numero di Inchiostro, e a questo punto ripenso al gatto. Ripenso al suo continuo errore, ripetuto all’infinito. E ripenso a quando la redazione di Inchiostro era formata da gente che sbagliava, certo, ma una volta sola. Insomma: errare è umano, perseverare è diabolico.

Ogni volta ci ricasco, e mi illudo. Chiudo gli occhi, prendo il giornale, ne assaporo con l’olfatto l’inchiostro (minuscolo), riapro gli occhi e inizio a leggere. “Questa volta”,  penso, “sarà diverso”. Ma mi sbaglio.

Finché si tratta di apostrofi al posto di accenti, spaziature sbagliate dei segni di punteggiatura, titoli tutti uguali, posso sopportare. Ma una frase come “Inchiostro è sempre alla ricerca ad ogni tipo di collaborazione”, quella sì, mi fa rabbrividire. Poi però mi consolo, nel vedere un altro errore più avanti nel medesimo testo: per una beffa del destino, suona come una autoammissione.

“Abbiamo bisogno di competenze come giornalisti, blogger, impaginatori, …”.

Sì, come giornalisti avete proprio bisogno di competenze.

PS. Da questo post può sembrare che io stia facendo di tutta l’erba un fascio, ma non è così: all’interno della redazione di Inchiostro sono presenti persone che stimo moltissimo, pure come futuri giornalisti. Il problema è che, quando in un’automobile manca il conducente, l’aria condizionata è inutile.

Il 112 e il silenzio dell’informazione

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Si mente o no quando un’informazione importante viene omessa? Possiamo dire che la nostra informazione è “imbavagliata” quando dà una notizia solamente in parte?

Questa sera il TG1 ha tanto lodato l’introduzione in Italia (e in particolare in Provincia di Varese) del 112 quale numero unico di emergenza. Da oggi, infatti, parte ufficialmente la sperimentazione che semplificherà la numerazione di emergenza in tutta Italia, convogliando le telefonate al 112, 113, 115 e 118 a un’unica numerazione, il 112 appunto, che poi si occuperà di smistare adeguatamente a chi di competenza.

I vantaggi di questa idea sono banali: in casi di effettiva emergenza, quando la mente non è lucidissima, è sufficiente ricordarsi a mente un solo numero, senza pensare “per i pompieri è il 115 o il 116?”.

Ebbene, la notizia è però stata data a metà. Nel servizio del TG1 non è stata minimamente citato il fatto che questa modifica sia una direttiva europea e che le altre nazioni europee si sono già adeguate. Infine, non meno importante, l’Italia è stata più volte bacchettata per il ritardo, fino alla minaccia (per ora) di una multa da capogiro.

Troppo facile, da parte del TG1, lodare come innovazione un ordine che viene dall’alto, raggiunto peraltro con ritardo.