Senatrice per caso

Negozio gay

Ieri il nuovo leader del Partito Demag… ehm Democratico, Walter Veltroni, ha inviato una lettera al quotidiano “La Stampa” per rimproverare il comportamento della Sen. Paola Binetti nei confronti degli omosessuali. Ricordo, infatti, che il personaggio in questione il 6 dicembre 2007 votò contro il governo di cui fa parte perché nel “pacchetto sicurezza” messo al vaglio del Senato (con tanto di fiducia) erano previste alcune norme che vietavano di fatto le discriminazioni relative al genere e all’omosessualità.

La Senatrice ha risposto oggi su “La Stampa” sostenendo la tesi secondo cui gli omosessuali sarebbero malati. Si legge, nell’articolo

Come neuropsichiatra ho esperienza decennale di omosessuali che si fanno curare. Non sono andata a cercarli io, sono loro che sono venuti in terapia da me perché dalla loro esperienza ricavano disagio, sofferenza, ansia, depressione e incapacita’ di sentirsi integrati nel gruppo. Non sono io a sostenerlo, è un dato oggettivo.

In seguito la Senatrice ricorda che fino a una decina di anni fa esisteva una specifica patologia sui manuali psichiatrici, l’omosessualità, considerata al pari di una malattia.

Ma in questo governo andiamo avanti o torniamo indietro? Se qualcuno prova disagio o ansia per una particolare situazione, che vada pure da uno psichiatra. Non per questo la sua situazione è da considerarsi malattia. Mi vengono in mente mille esempi di persone “normali” che hanno problemi con la loro “normalità”. Si pensi a tutti coloro che hanno deciso di cambiare sesso. Erano maschi (o femmine) e non si sentivano a loro agio. Allora hanno cambiato sesso e ora stanno bene. O cosa dire di Michael Jackson? Era nero, poverino, ma voleva essere bianco. Per questo consideriamo tutti i neri come “malati terminali”?

In effetti, se lo scopo è quello di tornare indietro, non sarebbe una brutta idea reintrodurre le leggi razziali del 1938 oppure, perché no,  rimettere in sesto il Tribunale dell’Inquisizione per coloro che, come Galileo, dicono sciocchezze a vanvera.

Sono sempre più deluso dall’operato di questo governo, ma più che altro sono sempre più convinto che non bisogna mettere insieme ciò che la Natura ha creato separato (come, per esempio, Vladimir Luxuria e Paola Binetti).

Tuttavia il giudizio finale su una questione così delicata spetta a Doretta.

Zio Rufus – Cosa ne pensi dei gay?
Doretta – Non sono proprio sicura di avere un’opinione a riguardo
Zio Rufus – Ma tu sei lesbica?
Doretta – Non si dice, non è educato, non è carino

Ecco che l’opinione viene fuori, dunque. Forse che dietro Doretta altro non ci sia che la Senatrice Binetti?

Cooperazione o globalizzazione?

Cooperazione Globalizzazione

Giovedì sera, finite le prove dei mitici Fruit Panic, mi sono dovuto sdoppiare per poter assecondare entrambi gli appuntamenti “cool” di una fredda e umida serata pavese. Non vado mai alle conferenze perché raramente trovo un buon motivo per farlo; il destino ha quindi pensato bene di mettere nella medesima sera gli unici due appuntamenti dell’anno che mi interessano. La cosa buffa è la contrapposizione politico/economica dei due incontri: al Collegio Ghislieri la presentazione di uno Stage presso Procter&Gamble, una delle multinazionali più criticate e boicottate del mondo (seconda, forse, solo a Nestlé), simbolo della globalizzazione; in Aula del Quattrocento un incontro con i ragazzi del SISM sulla cooperazione internazionale. Chi mi conosce penserà istantaneamente: “ma davvero ti interessano queste due manifestazioni?”. Sì, mi interessano.

Nell’incontro con Procter&Gamble, una mia cara amica ex alunna del Collegio Ghislieri presentava la sua personale esperienza di un anno di lavoro presso la celebre multinazionale. Al di là di quello che posso pensare o non pensare dell’incontro in sé, quest’ultimo rimaneva l’unico modo per salutarla prima che ripartisse per Roma, dove lavora.
Spendo ancora qualche parola per descrivere la parte della presentazione che più mi ha lasciato sconvolto, perplesso e, a tratti, terrorizzato: il sistema di selezione del personale in Procter&Gamble. La trafila prevede quattro step. Il primo è l’iscrizione al sito PGCareers: non si può venire assunti nell’azienda senza prima iscriversi al sito. Il secondo passo consiste nel compilare un questionario online della durata di una mezz’oretta. La terza fase della ripida scalata è un questionario scritto presso la più vicina sede dell’azienda. Per stessa ammissione della relatrice dell’incontro, si tratterebbe di uno stress test in cui non c’è tempo per pensare, ma solo per agire: 60 minuti per 100 domande di matematica, grammatica, logica, eccetera. Se a questo punto non si è ancora raggiunto l’esaurimento nervoso, di sicuro la quarta prova provvederà a procurarvelo: quattro colloqui con altrettanti dirigenti dell’azienda, per vedere di che pasta siamo fatti.
Se tutto questo non bastasse, aggiungo che il “test” è indipendente dalla mansione futura del candidato, per cui: il chimico che farà ricerca verrà sottoposto allo stesso test del matematico che farà statistiche di vendita il quale a sua volta verrà giudicato allo stesso modo dell’economista che gestirà il marketing. E non provate a inviare un curriculum: si può essere assunti solamente nel modo appena descritto. Contenti loro…

Il secondo appuntamento della serata era l’ultimo incontro di “What are we doing 2.0”, la settimana che Inchiostro dedica ogni anno alla cooperazione internazionale. I ragazzi del SISM (Segretariato Italiano Studenti di Medicina) hanno raccontato le loro esperienze in giro per il mondo. Anche se il fine poteva essere (e di fatto è stato) molto nobile, l’incontro a mio parere era paragonabile a un’iniezione di Valeriana condita con frasi fatte. Peccato.

Alla fine, per fortuna, una crepes con Nutella e gelato presso il Bistrot Ateneo ha risollevato le sorti della serata.

Commissione all’italiana

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Finalmente è uscito il bando della Commissione Acersat, ovverosia l’organo dell’Università di Pavia preposto a finanziare le iniziative degli studenti. Per la prima volta quest’anno, il giornale Inchiostro non ha ricevuto di default i finanziamenti per tirare avanti, per cui è necessario fare richiesta e sperare che l’Università abbia compassione di un povero giornale squattrinato.

Non sarà comunque facile: gli interessi in gioco sono molti e la forza politica di Inchiostro è praticamente nulla. Basti pensare che la Commissione che assegna i fondi è composta da tre docenti e tre studenti, rappresentanti delle tre liste universitarie (Coordinamento per il Diritto allo Studio – UDU, Ateneo Studenti, Azione Universitaria), e che le associazioni che rappresentano richiedono a loro volta i fondi alla Commissione. Quindi il rappresentante dell’associazione X, durante la seduta della Commissione, dovrà votare quali iniziative finanziare e quali no. Secondo voi voterà a favore o voterà contro le iniziative presentate dalla sua associazione? E voterà a favore o voterà contro un’iniziativa di un gruppo esterno che rischia solo di “rosicchiare” euro dal budget complessivo dedicato agli studenti?

Se tutto questo non bastasse, c’è da aggiungere che le associazioni non rappresentate negli organi accademici devono anche raccogliere 50 firme per “dimostrare” di avere un seguito. Doppia fregatura, quindi: Inchiostro, oltre a non essere rappresentato e quindi rischiare di essere osteggiato in Commissione, deve anche raccogliere 50 firme di studenti universitari. Per fortuna da quest’anno la procedura è online. Chi desidera firmare per supportare la causa di Inchiostro può seguire questo link, accedere alla procedura attraverso il collegamento in fondo alla pagina e firmare inserendo i propri dati universitari come specificato nell’apposito form.

Per chi non credesse a quello che ho scritto in questo post, rimando ad alcune pagine interessanti:

La guerra preventiva

Risiko!

Ci lamentiamo senza sosta dei metodi americani, quando non sappiamo che stiamo vivendo dentro a una guerra preventiva bella e buona. In questi giorni (è sulla bocca di tutti) un giovane di nazionalità rumena ha aggredito e assassinato una ragazza romana durante una rapina. È qui che è scoppiata la guerra preventiva.

Non mi riferisco alle nuove norme che hanno dato maggiori poteri ai prefetti, ma a tutto quello che intorno a questo caso è nato: siamo italiani, e ogni tanto abbiamo bisogno di ricordarcelo.

Guerra preventiva è il lutto al braccio dei giocatori di Lazio e Roma, in occasione del derby: indossarlo prima del decesso della donna aggredita non è un po’ precoce? Dovrebbero indossarlo tutte le squadre in tutte le partite… tanto prima o poi qualcuno morirà. Sugli spalti, però, nessuno si è fatto male, nonostante si trattasse di un derby. Anche in questo siamo molto italiani: morire va bene, ma uno alla volta.

Guerra preventiva è il litigio tra destra e sinistra su argomenti come questo, dove essere uniti è fondamentale per dare un segno forte al Paese. Purtroppo siamo in democrazia, e l’opposizione deve fare il suo lavoro.

Guerra preventiva è pestare a volto coperto quattro rumeni in strada per il solo fatto che esistono.

Guerra preventiva, ma “giusta”, sarebbe stato occuparsi dei problemi veri quando era necessario, invece di litigare per approvare leggi inutili al Paese. Ora si corre ai ripari. E di nuovo siamo italiani: morire va bene, ma uno alla volta. Almeno uno.

Compagno Ratzi

Ratzinger

Dopo Rutelli, anche Ratzinger ha iniziato a mettere insieme parole che, lette una dopo l’altra, formano una frase intelligente. Se non fosse per il tacchino induttivista di Russell, mi convertirei al cattolicesimo.

“La precarietà mina la società.” Queste le parole del Pontefice.

Mobilitazione generale. Immediatamente monsignor Giovanni d’Ercole, capo della sezione italiana della segreteria di Stato Vaticana, prende le distanze: “Non è corretto interpretare le parole del Papa sugli effetti sociali ed etici della precarietà del lavoro come un attacco alla legge Biagi” (La Stampa, 19 ottobre 2007). Certo, gli attacchi vanno bene solamente quando sono contro i Pacs, contro l’aborto o contro l’eutanasia, richieste tipiche di quei partiti di estrema sinistra che ormai non vanno più di moda. Il muro è caduto, non rompete più i cosiddetti.

Ma non è finita. Cercando informazioni a riguardo, mi sono imbattuto nel sito dell’Avvenire, l’unico quotidiano a tiratura nazionale su cui io sia mai stato citato (sic!): nemmeno una parola sull’accaduto. Come se il Papa non avesse parlato.

La causa di tutto ciò, però, alla fine è venuta a galla. La versione di Norton Antivirus installata nel cervello di Ratzinger era scaduta. I portavoce del Vaticano sono sicuri che non accadrà più un fatto così increscioso e hanno appena dichiarato che i loro tecnici sono al lavoro per provvedere a sistemare le cose, non escludendo soluzioni estreme, se necessario.

Formattato un papa, se ne fa un altro.

L’Italietta

Italia.it

Bisogna festeggiare. Rutelli ha finalmente fatto un’affermazione intelligente. Che il nuovo Partito Democratico stia davvero funzionando? Al Comitato Nazionale per il Turismo, Rutelli ha infatti recentemente confermato che italia.it è una ciofeca. E ci voleva Rutelli!

Era il marzo 2004 (e non il 1994 come afferma il Corriere della Sera). Il sito in questione doveva nascere secondo il volere dell’allora Ministro per l’Innovazione e la Tecnologia, Lucio Stanca, per promuovere l’immagine turistica dell’Italia. D’altronde tutti ricorderanno l’intervento dell’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi al Parlamento Europeo in cui dà del kapò (generale nazista) al ministro tedesco Schulz. Nella stessa occasione l’Italia viene descritta come un gioiello che nemmeno il Governo Berlusconi è riuscito ad intaccare. Ecco che quindi al Bel Paese viene fatto omaggio di un portale affinché tutti nel mondo possano conoscerlo.

Costo dell’operazione: 45 milioni di euro. Risultati: scadenti.

Spero che non vada a finire come il nuovo portale dell’Università. Perché? Come, perché? Stay tuned…

Burlando, un nome un perché

A10

La settimana scorsa il Governatore della Liguria (detta così sembra di parlare di Schwarznegger) ha sbagliato strada. Capita a tutti, no? L’altro ieri è capitato al Corriere Bartolini, che sconsiglio vivamente, di non trovare la via dove doveva consegnarmi i materassi. Comunque, non divaghiamo. Burlando, dicevo, ha sbagliato strada. Sulla mitica autostrada A10 l’ex Ministro dei Trasporti (sic!) ha preso una rampa contromano. Con tutti i segnali/birilli/righe che ci sono sulle Autostrade italiane credevo fosse impossibile, ma lui ci è riuscito. All’arrivo della volante della Polizia (che, a dispetto del nome, non è arrivata volando) Burlando ha subito ammesso le sue colpe. I poliziotti gli hanno chiesto un documento, ma non aveva né Carta d’Identità né Patente. Stranamente l’unico documento in suo possesso era il tesserino da parlamentare; scaduto. Lo teneva come un feticcio cucito sulle mutande? Com’è possibile che una persona dotata di encefalo possa uscire di casa senza alcun documento tranne uno da fighetti, pure scaduto?

Burlando ha chiesto più volte di essere trattato come un qualunque cittadino. Ora io vorrei vedere: se una volante della Polizia mi avesse fermato in autostrada contromano, senza patente, ma in possesso della Fìdaty Card dell’Esselunga, cosa mi avrebbe fatto?

V-day

V-day

Oggi è il grande giorno. So che in queste pagine non ne ho mai parlato, ma d’altronde ne hanno parlato pagine ben più importanti e seguite delle mie: Repubblica, Corriere e, a sorpresa, anche El Pais in Spagna.

È il grande giorno, si diceva; il momento di dire “Vaffanculo” (da cui la V del nome) a tutti quei politici corrotti che scaldano la poltrona in parlamento e che si fanno i loro interessi a nostre spese. Come dice sempre Beppe Grillo, organizzatore della manifestazione, i politici non sono altro che nostri dipendenti, per cui sta a noi decidere se e quando mandarli a casa. Seguendo questa filosofia, molti di loro dovrebbero essere già a casa da un pezzo, ma tant’è…

Oggi quindi tutti in piazza dalle 16.30 in poi in 225 città d’Italia per dire “Vaffanculo” a questo sistema politico malato! A Pavia lo svolgimento è previsto in Piazza del Tribunale, di fronte al Cinema Corso.

Occhio alle ventoline

Skype

La chiamano Guerra Fredda. È l’unico conflitto di questo mondo che non fa vittime, che non implica l’uso di armi. Basta averle. Mi ricorda un po’ l’entrata in vigore delle nuove leggi sull’autocertificazione: finché tutto va bene, ognuno può dire all’altro “io sono più figo!”. Un’invidia del pene a livello planetario.

Tuttavia ormai la Russia sa che i suoi aerei “tirati fuori dalla naftalina” sono un po’ datati, quindi ha trasformato la Guerra Fredda in una Guerra Tiepidina, raffreddata solo dalle ventoline che ci sono nei computer. Visto che militarmente non è troppo presa in considerazione, la battaglia si è spostata sui bit. Il noto portale Slashdot ha infatti dichiarato che l’attacco che ha messo in ginocchio Skype, il più celebre prodotto di telefonia via internet, proveniva dalla Russia. Nel suo articolo inserisce anche un link a un fantomatico sito russo contenente il codice in Perl dell’exploit.

Ora anche l’India e il Giappone sono in fieri con un’alleanza che contrasti quella di Russia e Cina, che a sua volta contrasta la Nato. Purtroppo non è Risiko, quindi bisogna stare attenti: gli indiani sono i migliori hacker del mondo!

La famiglia

Mulino Bianco

Ormai anche i manager del Mulino Bianco devono aggiornarsi. Il topos della famiglia perfetta rappresentata dagli spot anni Ottanta non vende più. Per rendersene conto è sufficiente analizzare le famiglie di quei politici che di famiglia se ne intendono. Quelli che tanto inneggiano ai valori cristiani e si fanno loro portavoce. Quelli che li sbandierano durante i gay-pride, nascondendosi dietro l’ignoranza loro e di quelli che li ascoltano.

Sul nuovo numero di Novella 2000, benché con meno evidenza della nuova love story di George Clooney, viene segnalato che Marco Follini ha ceduto ai piaceri della solitudine. Dopo aver lasciato il suo partito, ora lascia anche sua moglie. Tra qualche anno lo troveremo in cima a una montagna a fare l’eremita.

Ma lui è solo il primo di una lunga lista: Gianfranco Fini, ad esempio, si è separato dalla moglie e dai “valori intaccabili della famiglia” qualche mese fa; una scelta “dolorosa”, per sua stessa ammissione.

C’è poi chi vuole strafare e di famiglie ne ha due: ne sono illustri esempi il leader UDC Pier Ferdinando Casini e l’ormai ultrasettantenne Silvio Berlusconi, sempre in prima linea nella lotta contro i Pacs, i Dico, e tutti i nomignoli assurdi con cui l’attuale governo tenta di nascondere il matrimonio tra persone dello stesso sesso. Altro che “il triangolo no, non l’avevo considerato”: il triangolo sì, perché two is megl che one, purché del sesso opposto, sia ben chiaro.

Per finire con una nota positiva, se i valori della Famiglia Mulino Bianco si perdono nella notte dei tempi, c’è ancora chi si limia a credere al Mulino Bianco lasciando da parte la Famiglia. Il suo nome è Enrico Emilio, e sul suo sito ha raccolto quasi 100 sorpresine che si trovavano nelle merendine Mulino Bianco degli anni Ottanta nella mitica scatoletta fiammiferi-style.